Venezia 77, giorno 8. ‘City Hall’ è il nuovo capolavoro di Frederick Wiseman

Nel 2014 la Mostra del Cinema di Venezia onorò se stessa conferendo il Leone d’oro alla carriera a Frederick Wiseman, uno dei più grandi autori di documentario della storia del cinema. No, non è una frase sbagliata: quando un’istituzione, per quanto importantissima come Venezia, premia un autore come Wiseman è essa stessa, prima ancora del regista, a guadagnare lustro e credibilità, a nobilitare ancora di più il suo prestigioso nome. All’epoca, il regista di Boston aveva ottantaquattro anni e ora, a novant’anni suonati, è il suo nuovo lavoro City Hall, presentato Fuori Concorso, a irrompere qui sul Lido e a portarsi a casa probabilmente la palma di opera migliore del Festival, quella imprescindibile, che non si può non avere visto prima di lasciare la Laguna e che da sola vale buona parte dell’intera kermesse.

City Hall racconta l’apparente ordinaria gestione del comune di Boston, capitale del Massachusetts, da parte del sindaco di origini irlandesi Martin Joseph Walsh, in carica dal 2013 e ora giunto al secondo mandato. Come ci aveva già abituato in precedenza, Wiseman firma un’opera dalla durata monstre, un film-fiume di 274 minuti, i quali costituiscono solo una parte infinitesimale delle circa centocinque ore di girato in possesso del Maestro al momento del montaggio. La proiezione è stata preceduta da un video in cui il regista, oltre a chiarire che la veneranda età aveva reso consigliabile di non spostarsi per il Covid, dichiara di aver realizzato un film non dichiaratamente anti-Trump sebbene – ha precisato – il modus operandi del primo cittadino di Boston si pone esattamente agli antipodi rispetto a quello dell’attuale inquilino della Casa Bianca.

Con la consueta precisione, Wiseman illustra i molteplici aspetti concernenti il governo della città e i servizi che è necessario offrire alla comunità: polizia e controllo dei ventitré quartieri, spegnimento degli incendi, raccolta dei rifiuti e sanificazione, scuola, rapporto con i veterani, manutenzione dei parchi, supporto agli anziani, ai senzatetto, ai disabili e ad altre categorie sociali svantaggiate, nascite, matrimoni, decessi, ecc. City Hall illustra gli sforzi che il messi in atto per fornire questi servizi. Inoltre – ed è questo l’aspetto che rende City Hall il film più potentemente politico della Mostra – è cruciale avere un’idea inclusiva di città che tenga conto delle differenze culturali e religiose, degli orientamenti sessuali dei cittadini, dei conflitti razziali sempre sul punto di esplodere, soprattutto a causa delle tensioni generate dagli atti e dalle dichiarazioni improvvide di Trump.

Nel corso della visione vediamo spesso in scena il sindaco Walsh, e il modo in cui la sua giunta, i suoi collaboratori e le varie associazioni dialogano con i cittadini, secondo le regole non scritte su cui si fonda una vera comunità, e li coinvolgono nelle decisioni. Giustizia sociale, affitti di case a prezzi calmierati, prevenzione dei disastri che possono generarsi in seguito al riscaldamento globale (altro tema negato da Trump), attenzione verso i senzatetto, dialogo interrazziale sono le priorità del governo locale, capace di comprendere la varietà e l’eterogeneità di una città in cui circa il 50% degli abitanti, tra cui lo stesso sindaco, è costituito da cittadini di seconda generazione, figli o nipoti di migranti. Come si può capire, Boston diventa inevitabilmente la sineddoche degli Stati Uniti, il modello di come essi dovrebbero essere secondo il pensiero e la speranza del lungimirante sindaco, alternativo a quello del governo centrale.

Risultato immagine per city hall film wisemanNon a caso, come evidenziano alcuni quadri che fanno belle mostra nelle sale del Palazzo comunale, dopo quella di Jamestown in Virginia, il Massachhusetts è stata la seconda colonia in cui, nel 1620, approdarono i Padri pellegrini, gettando le basi per la futura federazione di stati che oggi costituiscono il Paese dello zio Sam. City Hall è scandito da un gran numero di lunghi, fittissimi scambi verbali in cui la dialettica è talvolta aspra ma sempre costruttiva, vòlta alla risoluzione dei problemi e alla ricerca di soluzioni di compromesso che, in alcuni casi, soprattutto nei rapporti con le minoranze, mirano a riequilibrare situazioni di ingiustizia e di disparità di trattamento tra bianchi e neri, uomini e donne, latini e WASP, locatori e inquilini.

Naturalmente, non mancano intermezzi ludici o festosi, come la grande parata per celebrare la vittoria dei Red Sox, la potente squadra di baseball della città, oppure momenti di convivialità in cui una parte della comunità si riunisce per condividere un pasto, magari assaggiando la cucina orientale o quella latina, così come è immancabile la rappresentazione di un evento che coinvolge i reduci e i veterani. Apparentemente incentrato sulla vita di una singola comunità, City Hall si rivela ben presto un resoconto straordinariamente lucido, sfaccettato e ad amplissimo raggio della vita delle classi medie e di quelle popolari di una grande città statunitense dove, pur non rinunciando a sottolineare le contraddizioni, si avverte l’esigenza di proporre soluzioni. È probabile che l’intenzione di Wiseman fosse quella di entrare a gamba tesa nel dibattito politico, in vista delle prossime elezioni di novembre, che ancora una volta contrappongono due diverse idee di Paese, due visioni contrapposte di quello che deve essere una comunità. City Hall è dunque una professione di fede nella democrazia americana, secondo l’idea che ne aveva Abraham Lincoln, quando agognava un governo che fosse “del popolo, dal popolo, per il popolo”, lo zenit della selezione di questa 77° Mostra del cinema, un capolavoro limpido.

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