Cannes 2019, giorno 11: in scena l’Italia con “Il traditore” di Marco Bellocchio

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Mentre siamo ormai in dirittura d’arrivo di questa emozionante edizione cannense, ieri è stato presentato con grande successo Il traditore di Marco Bellocchio, unico film italiano in corsa per la Palma d’oro. Il film racconta la storia della vera e propria guerra che negli anni ’80 si scatenò a Palermo tra i boss della mafia siciliana per il controllo sul traffico della droga. Tommaso Buscetta, conosciuto come il “Boss dei due mondi”, va a nascondersi in Brasile, e da lontano assiste impotente all’uccisione di due suoi figli, uno dei quali con problemi di tossicodipendenza, e del fratello; ora lui potrebbe essere il prossimo. Arrestato ed estradato in Italia dalla polizia brasiliana, Buscetta prende una decisione che cambierà la storia della mafia e dell’Italia: decide di incontrare il giudice Giovanni Falcone e tradire l’eterno voto fatto a Cosa Nostra. E’ la nascita del famoso maxi-processo che portò alla condanna di 366 esponenti dei vari clan mafiosi.

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Pur considerando se stesso un semplice “soldato”, cioè qualcuno destinato a occupare la base della piramide del potere mafioso, Tommaso Buscetta è stato l’uomo che ha consentito allo Stato (almeno a quella parte che la guerra alla criminalità organizzata voleva veramente combatterla) di farsi largo nei tentacoli della Piovra penetrando nei gangli di uno dei poteri più radicati e meno scalfibili della storia italiana, un sistema che ha potuto perpetuarsi grazie soprattutto agli appoggi politici e al ponte che legava direttamente Palermo, capitale del narcotraffico, con i palazzi romani del Potere. Nell’approcciare una materia dall’impatto così dirompente, Bellocchio trova innanzitutto una chiave di lettura molto intelligente e personale, strettamente legata al suo cinema. Come buona parte delle sue opere migliori, sin dall’esordio de I pugni in tascaIl traditore mette al centro i rapporti familiariscegliendo un personaggio che di famiglia ne ha più d’una, e creando un fondamentale corto circuito tra famiglia, intesa come “semenza”, cioè come consanguineità, e la Famiglia, cioè l’insieme dei clan mafiosi, ciascuno di essi facenti parte di un “mandamento”.

Résultat de recherche d'images pour "il traditore bellocchio"In questo senso, la magistrale sequenza iniziale, che sembra guardare all’illustre modello del capolavoro Goodfellas di Martin Scorsese, oltre a servire lo scopo di presentare rapidamente, con tanto di didascalie, tutti insieme i personaggi principali, ha la funzione di mostrare plasticamente come questi due mondi siano strettamente e indissolubilmente legati l’uno all’altro. C’è da dire che l’ambientazione mafiosa in un’opera che è dichiaratamente politica e assai poco di genere, rischia di rendere Il traditore solo parzialmente intelligibile al di fuori dell’Italia. Infatti, per quanto la sceneggiatura si preoccupi di essere il meno reticente possibile e il regista si serva delle didascalie di cui sopra per aiutare lo spettatore meno avveduto a orientarsi nella selva dei nomi dei vari capi-mandamento, siamo di fronte a una storia tutta italiana dove si fa sovente riferimento a vicende con le quali il pubblico del Belpaese ha senz’altro una maggiore familiarità.

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Il traditore è anche la storia del confronto tra due uomini, il giudice Giovanni Falcone e Buscetta, legati a due mondi che hanno idee di giustizia radicalmente differenti e inconciliabili, e che a un certo punto della storia italiana trovano una fondamentale congiunzione. Il film, c’è da dirlo, si focalizza soprattutto sulla figura del pentito (un Pierfrancesco Favino perfettamente in palla) lasciando in ombra quella di Falcone e scivolando forse un po’ troppo velocemente sullo sviluppo dell’insolito rapporto tra i due, dove l’ammirazione di Buscetta per il giudice assassinato viene un po’ data per scontata senza che la storia trovi il tempo e il modo di rappresentarla adeguatamente.

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Bellocchio e i suoi co-sceneggiatori Ludovica Rampoldi, Valia Santella e Francesco Piccolo scelgono una stuttura tripartita in cui, a una prima parte che vede il “boss dei due mondi” perfettamente inserito nel sistema mafioso, fa seguito una seconda, quasi tutta ambientata nell’aula-bunker del maxi-processo. In questo segmento, il più corposo e didattico, vengono mostrati i momenti salienti delle deposizioni, fino ad arrivare alla parte finale, nella quale viene preso di mira il potere romano, con il processo a Giulio Andreotti, che allarga a macchia d’olio le responsabilità politiche, ed è forse la parte più debole e sbrigativa di un film comunque potente e decisamente riuscito che ha diverse frecce al suo arco: un ritmo perfettamente calibrato, diverse sequenze memorabili, tra le quali la prima apparizione in scena dell’ex Presidente del Consiglio e quella iniziale dei due elicotteri, e prove attoriali decisamente convincenti (oltre a Favino, da segnalare almeno un bravissimo Luigi Lo Cascio, nel ruolo dell’altro pentito Salvatore Contorno, cui l’attore siciliano infonde un’apprezzabile verve grottesca).

Sebbene più vicino al cinema di denuncia sociale che a quello antropologico e psicologico, Il traditore sa però ragionare con intelligenza sulle motivazioni della scelta di Buscetta: se una delle ragioni del suo “pentimento” va senz’altro ricercata nel desiderio di rivalsa per l’uccisione da parte di Cosa Nostra del fratello e di due suoi figli, il film propone anche un’interpretazione molto intrigante che punta sul rifiuto dell’ex mafioso dei nuovi metodi messi in campo da Totò Riina con il quale si rompe l’antico codice d’onore che vietava, ad esempio, di sparare a donne e bambini. Poco importa per il nostro discorso se questa presunta “etica” della mafia sia vera o meno (e probabilmente non lo è): quel che interessa è che Buscetta ci crede. Questa sua convinzione fa sì che egli dunque non consideri se stesso un traditore ma, paradossalmente, un uomo d’onore che si è sentito egli stesso tradito da un sistema e decide perciò di farlo crollare. Per questo, Il traditore non è soltanto la storia di un pentito ma anche la radiografia di un mondo che implode dall’interno perché infedele persino a se stesso.

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