Va’, metti una sentinella: come uccidere il mito di Atticus Finch

“Ricordo quel caso di stupro che hai difeso, ma non avevo capito la cosa più importante. Tu ami la giustizia, come no. La giustizia in astratto, quella scritta punto per punto in memoria difensiva: niente a che fare con quel ragazzo nero, tu vuoi solo che il tuo esposto sia ineccepibile.”
(Harper Lee, Va’, metti una sentinella, Feltrinelli, 2016)

Nel 1960 Harper Lee pubblicò il suo primo romanzo To kill a mockingbird, letteralmente Uccidere un usignolo, in riferimento alla brutalità che porta gli esseri umani a voler esercitare un diritto di supremazia violento solo perché si trovano nella posizione di poterlo fare. Il titolo con cui il libro è uscito e conosciuto in Italia è Il buio oltre la siepe. La vicenda raccontata è ambientata nel 1930 a Maycomb, immaginaria cittadina dell’Alabama nel Sud degli Stati Uniti, e ruota intorno a un caso di stupro commesso ai danni una ragazza bianca da un ragazzo di colore. La vicenda, così presentata, appare estremamente cruda, eppure la penna delicata di Lee è riuscita a tracciare, attraverso la lingua semplice e immaginifica dell’infanzia, tutta la tenerezza e la malinconia dietro un caso di cronaca che anche nell’Italia del 2017 riempirebbe le prime pagine dei giornali in virtù del colore dei suoi protagonisti. Lee riesce a fare ciò evitando di impantanarsi nella comunità degli adulti di Maycomb, per lo più razzisti convinti, ma dando la parola all’innocenza dei bambini, i figli senza pregiudizi dell’avvocato della difesa Atticus Finch.

Gregory Peck (Atticus Finch) e Mary Badham (Scout) in una scena del film “Il buio oltre la siepe” diretto da Robert Mulligan nel 1962

Attraverso gli occhi della sua figlia minore, Jean Louise, per tutti Scout, orfana di madre in tenerissima età, vediamo delinearsi la figura rigida, occhialuta, apparentemente severa, in realtà ironica di Atticus. Egli non ha bisogno di esercitare la severità o la crudeltà, non deve mai alzare la voce o rintanarsi, perché lui è libero. Imbraccia il fucile davanti ai cani rabbiosi ma non spara agli usignoli, perché sa che è peccato. L’immagine di Atticus è quella di un avvocato votato alla giustizia che, per amore dell’uguaglianza tra gli uomini, accetta di difendere l’imputato nel momento in cui si accorge che è realmente innocente, poco importa il colore della sua pelle. Il buio oltre la siepe ha plasmato generazioni di giovani che, avvertendo un’unità di intenti con Atticus, si sono  dedicati alla legge e alla difesa dei diritti civili. Con il suo primo romanzo, Harper Lee si è guadagnata un posto nella storia della letteratura americana, e bene sarebbe stato per tutti se fosse rimasto anche l’ultimo.

Le vicende editoriali che accompagnano la pubblicazione di Va’, metti una sentinella appaiono molto complesse per due ragioni. La prima riguarda i rapporti temporali tra i due libri: infatti, anche se la storia raccontata in Va’, metti una sentinella ha luogo quasi vent’anni dopo la conclusione del processo in Il buio oltre la siepe, il libro è stato scritto qualche anno prima e proposto agli editori nel 1957. Il libro, pur essendo stato presentato come un sequel, in realtà non lo è affatto, ed è stato anzi la base di partenza per l’elaborazione della vicenda scritta due anni dopo.

La seconda motivazione riguarda lo stato di salute dell’autrice:  nel 2015, anno di uscita di Va’, metti una sentinella, Harper Lee ha ottantanove anni (morirà nel febbraio del 2016) e da diverso tempo vive in una casa di cura. Molti, compresa la sorella di Lee, Alice, hanno espresso dubbi sulla sua capacità e sull’effettiva volontà di pubblicare un libro tenuto nel cassetto per sessant’anni, un’opera che porta con sé il peso di aver riscritto nell’immaginario collettivo i valori di Atticus Finch.

I protagonisti di Va’ metti una sentinella sono le ombre di quelli precedentemente conosciuti. Jean Louise ha ventisei anni, vive a New York ma cova ancora una ribellione tipica dell’adolescenza, tutta rivolta verso le suppellettili e la moda delle sue coetanee, ma che sostanzialmente appare del tutto gratuita e infantile. Quando una mattina Jean Louise segue il padre in città scopre che fa parte del Consiglio dei cittadini, un organo nato per difendere la segregazione razziale al grido di “separati è uguale” che nasconde il sempre verde timore sull'”imbastardimento della razza“, tornato di recente alla ribalta anche nella conversazione politica italiana. In questa occasione, la protagonista ha sprazzi di dolorosa lucidità, vede intorno a sé uomini che Atticus avrebbe dovuto disprezzare ma, nel momento del confronto e della necessaria ribellione contro il padre, si tira indietro, preferendo assecondare il suo vecchio e proponendosi come sentinella di un sistema di forze solo apparentemente in contrasto:

“Buon Dio, quante cose ho imparato. Non volevo che il mio mondo fosse messo a soqquadro, ma volevo schiacciare l’uomo che cerca di preservarlo per me. Volevo distruggere tutte le persone come lui. Credo sia come un aereo: loro sono il freno e noi la spinta, insieme facciamo volare tutta la baracca.”

Risulta, insomma, una sentinella davvero poco utile se quello che desidera sorvegliare è il mantenimento di una sproporzione. Poi c’è lui. Sesta parte, paragrafo diciassette: il lungo confronto tra padre e figlia sancisce la definitiva distruzione del mito di Atticus Finch. Per brevità si può sintetizzare in questo scambio:

«Allora veniamo subito al sodo. Vuoi vagonate di neri nelle nostre scuole, nelle nostre chiese, nei nostri teatri? Vuoi che facciano parte del nostro mondo?» 
«Sono esseri umani, no? Eravamo prontissimi a farli venire qui quando ci facevano guadagnare»
«Vuoi che i tuoi figli frequentino una scuola il cui livello s è abbassato per accogliere piccoli neri?»

A queste domande c’è poco da aggiungere e nulla da interpretare.

Va’, metti una sentinella appare come un prodotto imperfetto, di cui i lettori affezionati non avevano bisogno, poiché nulla ha del ritmo trascinante della prima pubblicazione di Lee, e perché nulla aggiunge, semmai sottrae, alla personalità dei protagonisti precedentemente incontrati. Le parti più interessanti e scorrevoli riguardano i ricordi della vita adolescenziale di Jean Louise e le riflessioni sul rapporto tra il governo centrale e i cittadini degli stati federali del sud, rapporto che per la società italiana può essere di difficile comprensione e che nel testo viene abbozzato senza essere sviscerato.

Se la conversione razzista di Atticus fosse servita a emancipare davvero sua figlia, e a renderla donna e libera, come un tempo ci sembrò essere suo padre, allora forse lettori e critica avrebbero potuto perdonare la grossolanità di alcuni espedienti, tuttavia questo non accade, i protagonisti sono soltanto involuzioni di loro stessi. Un altro mito è caduto nell’America di Trump.

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