Festival di Cannes 2017, il programma: i soliti noti

Da qualche anno a questa parte, scrivere un pezzo relativo al programma del Festival di Cannes (giunto quest’anno alla 70° edizione) rischia di ridursi ad un’operazione oziosa, nient’altro che una sfilza di nomi, una sorta di elenco certamente sempre diverso ma anche sempre uguale, come lo sono un po’ tutte le variazioni sul tema. Forse qualcuno ci potrà accusare di snobismo (chissà, magari anche a ragione): tra qualche settimana sfilerà sulla Croisette il gotha del cinema mondiale e noi vogliamo pure lamentarci, permettendoci di fare quasi gli schizzinosi? La formula è quella dell’anno scorso, in effetti, almeno sulla carta (in attesa di vedere i film, naturalmente): quasi tutti autori affermati o in via di consacrazione nel Concorso principale dove il Delegato Generale Thierry Frémaux e i selezionatori non sembrano aver voluto prendere quasi nessun rischio, circa una metà di opere prime nell’altra sezione competitiva, “Un Certain Regard”, l’unica al momento capace di regalare sorprese o scoperte, come fu l’anno scorso per lo splendido film d’animazione La tartaruga rossa di Michaël Dudok de Wit e l’ottimo Hymyilevä mies del finlandese Juho Kuosmanen, che poi vinse il massimo premio.

Insomma, anche quest’anno si è giocato sul sicuro, prendendo quel che era disponibile sul mercato, il che da un lato consente di mantenere il livello molto alto e di appagare i gusti cinefili più variegati dei migliaia di addetti ai lavori che affollano il Festival più prestigioso del mondo, dall’altro impedisce la scoperta di nuovi autori e rischia di togliere spazio alle nuove leve tra le quali, il nostro ottimismo ce ne dà la certezza, si nascondono talenti altrettanto grandi. E allora, è possibile leggere che ci sarà, tra gli altri, Happy end, il nuovo attesissimo film di Michael Haneke (già vincitore di due Palme d’oro), Wonderstruck di Todd Haynes, gli altri due statunitensi Sofia Coppola (The Beguiled) e Noah Baumbach (The Meyerowitz stories),  due biopic francesi (Rodin di Jacques Doillon e Le Redoutable di Michel Hazanavicius, dedicato alla figura di Jean-Luc Godard), tre pesi massimi dall’Estremo Oriente (Bong Joon-ho, Hong Sangsoo e Naomi Kawase), la coppia di sovietici formata da Sergej Loznitsa e Andrej Zvyagintsev.

Stessa sorte dell’anno scorso anche per il cinema italiano che non ha autori inseriti in Concorso e, in attesa dell’annuncio dei programmi della “Quinzaine des Réalisateurs e della “Semaine de la Critique”, sarà presente solo nella sezione “Un Certain Regard” con Fortunata di Sergio Castellitto e Après la guerre di Annarita Zambrano, romana residente ormai da anni a Parigi. Uscendo fuori dalle due sezioni competitive, l’evento più importante è probabilmente l’anteprima dei primi due episodi della nuova serie TV di Twin Peaks di David Lynch. Da segnalare, inoltre, Top of the lake: the China Girl, altra serie diretta da Jane Campion e Ariel Kleiman, Napalm, documentario sulla Corea del Nord del grande Claude Lanzmann, la nuova (probabile) follia di Takashi Miike, il film d’apertura Les fantômes d’Ismaël (Fuori Concorso) di Arnaud Desplechin, che anche questa volta è rimasto escluso dalla corsa alla Palma d’oro come già avvenuto nel 2015 con l’affascinante I miei giorni più belli.

Insomma, anche quest’anno la Giura presieduta dal regista spagnolo Pedro Almodóvar si troverà di fronte ad una sorta di “usato sicuro”. Per questa ragione, le parole pronunciate dal Delegato Generale esattamente dodici mesi fa, al momento di annunciare i titoli, quando esclamò: “Però, per piacere, non dite che sono sempre gli stessi nomi!”, possono essere riciclate per suggellare anche stavolta la prima fase di quel meraviglioso carrozzone al quale anche i più critici tra i critici non sanno mai rinunciare.

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