Dottor Pansa, che significa “Oggi la polizia è un’altra cosa”?

Il caos, ancora una volta. Il protocollo prevede che sia il caos a fare da elemento ordinatore. Non è il caos silenzioso delle credenze antiche, ma l’ordine perentorio all’intelligenza di ammutolire.

Sulla vicenda delle dichiarazioni dell’agente Tortosa rispetto ai fatti della scuola Diaz, gli interventi successivi hanno provocato guai peggiori. Non soltanto il testo “incriminato” si sottopone a troppe interpretazioni circa la sua valenza offensiva, provocatoria, che soltanto per ipotetica, molto ipotetica, presunzione, fa intendere un’uscita fuori luogo. Sarebbe stato più giusto scatenare critiche e polemiche intorno alle giustificazioni del poliziotto, sature di omissis e di non detti, nella più maldestra delle contraddizioni, se accostate alle intenzioni di verità e vicinanza al proprio corpo di polizia, da parte di Tortosa.

Quello che lascia ancora più perplessi è una frase di Pansa. “Oggi la polizia è un’altra cosa”. Che significa? Prima cos’era? Se i fatti della Diaz, se le altre Diaz, in circostanze diverse – perché la storia dell’ordine pubblico della repubblica di micro e macro Diaz ne annovera molte – sono giustificati dall’assunto retorico per cui la polizia agisce per servizio, per garantire la sicurezza, “per essere garanzia di legalità e libertà”, come dichiarato proprio da Pansa, il dopo Diaz cosa consegna alla verità? E se non fosse il G8 l’evento storico a fare da spartiacque tra una polizia e un’altra, quale potrebbe, invece, essere il momento su cui tracciare una linea che separi un avanti polizia da un dopo polizia, sempre stando alle dichiarazioni di Pansa? E perché il provvedimento disciplinare a danno di Tortosa, colpevole, ripeto, di un’uscita discutibile, ma non di gravità oggettiva, cade proprio adesso, all’indomani della sentenza della corte europea?

Tutto a dispetto di una valutazione disciplinare anomala, soprattutto rispetto a trascorsi nei quali azioni peggiori hanno goduto dell’impunità. Sono stati puniti tutti i poliziotti che applaudirono i colleghi coinvolti nel caso Aldrovandi? Quell’applauso è meno grave della frase di Tortosa? Il capo della polizia dovrebbe sapere quante insidie si nascondono dietro i dettagli che compongono l’impianto morale e cerebrale dell’ordine generale. Elias Canetti scrive che “un perfetto uomo d’ordine dovrebbe esaminare il suo territorio con il microscopio, e anche così gli resterebbe qualche possibilità di inquietudine”, e prosegue “Nell’ordine c’è qualcosa di micidiale: nulla deve vivere dove non gli è consentito. L’ordine è un piccolo deserto che si è creato da sé”.

Riesce difficile analizzare con conclusioni certe questo sistema di contraddizioni. Molti, forse, risolverebbero tutto con il più semplice dei è normale che sia così. Considerando l’uscita del padre di Carlo Giuliani, poco avveduta, soprattutto per chi ha voluto accostarla ai fatti della Diaz, in una sommatoria avventurosa di due momenti diversi, si potrebbe ravvisare, in via del tutto percettiva, l’ennesima applicazione di quel vecchio formulario per cui siano i poveri a farsi la guerra, nella più brutale e insensibile delle separazioni sociali. Il divide et impera è sempre in agguato?

L’ordine è una parola sfuggente, paradossale, perché spesso è in totale contraddizione con il suo significato e la sua interpretazione. Del resto Longanesi, parlando dell’elefante, ha scritto che “La noia segue l’ordine e precede le bufere”.

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