Peggio dell’inchino sarebbe se la Madonna finisse faccia al muro

Individuare il peggio è la fase più difficile del verbo impressionare. In forma riflessiva lo è ancora di più. “L’inchino della Madonna” al boss di Oppido Mamertina ha sfiorato le piaghe della “scandalosi” collettiva. Le alte sfere della Chiesa hanno condannato il mistico omaggio al “dirigente mafia” in pensione, perché – ogni tanto vale la pena ricordarlo – un boss ai domiciliari, a casa sua, continuerà a fare il boss fino alla fine dei suoi giorni. Tuttavia, in Italia va così. Sarebbe prolisso il tentativo di mettersi a riflettere sulle modalità “vetusto domiciliari” applicate alla condanna per reati mafiosi. Resta, però, che dare i domiciliari a un mafioso, soprattutto se capo mafioso, significa omogenizzare il crimine. La legge, in questo caso, non si sforza di particolareggiare l’azione a delinquere, ma si limita soltanto a un cambio di genere, laddove un processo e una condanna non sono più una soluzione, ma diventano riconoscimento. E meno male che in giro si va predicando la lotta alla mafia.

A proposito di prediche e di predicatori, mezzo mondo si è scandalizzato perché i “portatori” di Maria hanno sostato davanti all’abitazione di Peppe Mazzagatti, boss storico della ‘ndrangheta nella provincia reggina, riservandogli il saluto particolare che da più di un secolo, in una maniera o in un’altra, le processioni religiose riservano a mafiosi di tutto il meridione, in una tradizione che pare sia stata scoperta ieri. Purtroppo è sempre esistita, e la Chiesa lo sa.

Ma torniamo all’autopsia dello scandalo. Si sa che uno scandalo è già morto appena finisce nella meraviglia di qualcuno, e non perché lo scandalo vi perisca (lo scandalo nasce già morto, o forse non è mai vissuto), ma perché dentro si consuma rapidamente la speranza che un briciolo di intelligenza faccia sopravvivere la frazione più pulsante e sensibile della faccenda. Invece tutto schiatta in un amen e non resta che accodarsi all’esequie. Pure Pasolini ha scritto che “Chi si scandalizza è sempre banale: ma, soprattutto, è male informato”. Quando si verificano episodi che si portano addosso qualcosa di fastidioso, se non addirittura di immorale, penso sia sempre più opportuno soffermarsi sulle sponde che lo hanno fatto rimbalzare al centro dell’attenzione. In questo caso la sponda è che ognuno farebbe meglio a chiedersi se un boss sia realmente neutralizzato da un ergastolo ai domiciliari, dove, a casa sua, nel suo paese, di fatto nel suo “ambiente naturale”, il mafioso è in grado di fare quello che ha sempre fatto. Ecco che le sentenze, i processi, la magistratura, fino alle sfere più alte e marginali della legge (ovvio, anche della politica) dovrebbero chiedersi fino a che punto i percorsi giudiziari, civili, politici, rivolti a garanzia di un’istanza popolare così urgente e delicata, l’incolumità dal sopruso mafioso, siano realmente idonei a garantirla.

Allo stesso modo ci si potrebbe domandare perché la chiesa non ha mai fatto chiarezza sui suoi rapporti “diretti” con la mafia. Perché i suoi vescovi non “adottano provvedimenti” sui rapporti di natura politica e finanziaria con le mafie? O è ancora in corso il processo di marketing della retorica parziale? La chiesa ne sta facendo una nuova strategia. Il quello sì e quello no è diventata la nuova “regola aurea”. Vuol dire che il nuovo genere di fedeltà dovrà farsela bastare. Del resto pure Baudelaire ha detto che “Dio è scandalo, uno scandalo che dà profitto”.

Dove abito è entrato nella storia cittadina un piccolo aneddoto piuttosto curioso. Tanti anni fa, dopo uno dei rituali che si svolgono durante la festa della Madonna, nei quali i fedeli portano la statua in processione, il sacerdote di quegli anni, al ritorno in chiesa della statua, decise di “metterla in castigo”, con la faccia rivolta verso l’altare, “perché la Madonna era tornata tardi”. Proprio così, il prete, a causa del ritardo della processione, pensò “bene” di punire la Madonna come una scolaretta. Speriamo che a Oppido Mamertina la Madonna non finisca faccia al muro.

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