Venezia 78, giorno 5. Arrivano il sopravvalutato ‘Competencia Oficial’ e l’inguardabile ‘Sundown’ di Michel Franco. Bene Leonardo Di Costanzo

Competencia Oficial di Gastón Duprat, Mariano Cohn (Concorso): Se i premi si assegnassero per acclamazione della stampa o tenendo conto della rumorosità dell’ovazione finale, Competencia Oficial si porterebbe a casa il Leone d’oro e anche qualche altro riconoscimento. Infatti, durante le quasi due ore di proiezioni, molti sono stati i momenti che hanno suscitato ilarità, e più di una volta si sono uditi applausi irrituali ben prima dei titoli di coda. I due registi argentini tornano in concorso a Venezia cinque anni dopo Il cittadino illustre che valse al bravissimo Oscar Martinez una meritata Coppa Volpi. Martinez è anche uno dei tre protagonisti di Competencia Oficial, accanto alle star Penélope Cruz e Antonio Banderas. Il film ruota attorno a una regista dai metodi a dir poco bizzarri – la Cruz, naturalmente – e a due attori chiamati da un produttore in crisi esistenziale a interpretare due fratelli, diversi per anagrafe e temperamento, che si contendono l’amore di una donna e dove il più giovane, dedito al bere, è responsabile della morte dei genitori. Bisogna riconoscere che il racconto corre via con buon ritmo e in maniera brillante, con più di una gag centrata e alcune situazioni esilaranti. Tuttavia, dopo la prima metà, si avverte la scarsa compattezza dell’insieme e una certa ripetitività, soprattutto nei duetti tra Martinez e Banderas (nei panni di due personaggi entrambi tagliati con l’accetta), che a un certo punto mostrano la corda, rivelandosi abbastanza prevedibili e denotando la sostanziale vuotezza del racconto. Si parla già di un possibile premio per una sceneggiatura che a chi scrive è apparsa più furba che ispirata.
Voto: 5

Sundown di Michel Franco (Concorso): è andata molto peggio con il secondo film del Concorso previsto nella giornata del 4 settembre e che, al momento, costituisce senza dubbio il punto più basso della competizione. Anche qui ci sono due interpreti di grande rilevanza: Tim Roth, alla seconda collaborazione con Franco dopo il pessimo Chronic, e Charlotte Gainsbourg, entrambi a dir poco sprecati. I due interpretano il ruolo di Neil e Alice Bennett, due ricchissimi fratelli, in vacanza ad Acapulco insieme ai figli della donna, costretti a far ritorno a Londra, a causa della notizia della morte improvvisa della loro madre. Tuttavia, Neil farà finta di aver perso il passaporto per non salire su quell’aereo, per ragioni che verranno spiegate nel corso della narrazione. Michel Franco, alla seconda presenza consecutiva al Lido dopo la vittoria del Gran Premio – Leone d’argento lo scorso anno con Nuevo Orden, racconta le azioni quotidiane di Neil, che trascorre le giornate a prendere il sole e bere birra, senza parlare con nessuno, finché stringe una relazione con una giovane e procace negoziante messicana. Purtroppo, nel mettere in scena questo dramma interiore, Franco rinuncia a qualsiasi scrittura dei personaggi, il che non consente allo spettatore nessuna partecipazione emotiva alla vicenda. Inoltre, il necessario approfondimento psicologico richiesto da una storia del genere, lascia il posto alla rappresentazione di sogni e allucinazioni del protagonista, messi in scena in maniera rozza e pedestre. Nel mescolare un resoconto sulla criminalità messicana con il delicato tema della malattia, il regista appare come sospeso in un guado, indeciso su che film girare, cosa del resto non insolita per questo mediocre autore messicano, che è misteriosamente una presenza fissa nei principali festival internazionali.
Voto: 3

Ariaferma di Leonardo Di Costanzo (Fuori Concorso): Ariaferma è il terzo lungometraggio di finzione dell’ottimo Leonardo Di Costanzo (reduce da L’intrusa, che fu presentato alla “Quinzaine des Réalisateurs” nel 2017). Per la prima volta nella sua carriera, il regista campano, bravissimo solitamente a lavorare con giovani attori non professionisti, ha a disposizione due attori popolari del cinema italiano: Toni Servillo (presente qui al Lido con altri due film) e Silvio Orlando, ai quali va aggiunta la presenza di bravi caratteristi come Fabrizio Ferracane e Salvatore Striano. Il film ruota attorno a un vecchio carcere ottocentesco, situato in una zona impervia e imprecisata del territorio italiano, e che è ora pronto per essere dismesso. Per problemi burocratici, i trasferimenti di una dozzina di detenuti si bloccano ed essi sono costretti a restare, insieme a pochi agenti, in attesa della definitiva chiusura. In un’atmosfera che richiama Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, il regista racconta il progressivo allentamento della tensione tra guardie e detenuti, e la vicinanza che nasce dal condividere, durante quei giorni, una condizione di cattività abbastanza simile. Di Costanzo ha la mano felice nel servirsi di questa storia per sottolineare la scottante questione dell’utilità o meno della reclusione come strumento di deterrenza del crimine. In questo senso, l’ambientazione in un vero carcere dismesso, con la sua fatiscenza, diventa potente metafora della sostanziale decrepitezza di un sistema di correzione imputridito. Il film funziona un po’ meno sotto l’aspetto narrativo e, in alcuni momenti, il regista non riesce a infondere il giusto ritmo alla narrazione, soprattutto nelle sequenze con i due co-protagonisti in scena, che appaiono un po’ troppo dilatate e non tutte essenziali. Di Costanzo, solitamente molto bravo nel condensare il racconto in modo da evitare ogni sbavatura, questa volta sceglie di indugiare un po’ troppo in alcune sequenze (tra cui, la pur bella sequenza della cena notturna), cui forse avrebbe giovato qualche potatura. Ariaferma resta comunque, al netto dei suoi limiti, un’opera generosa e sincera, capace di introdurre importanti interrogativi etici, politici, esistenziali.
Voto: 7

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