Il Mangianastri – Gianni Morandi\In ginocchio da te

di Alfonso Tramontano Guerritore

 

Può mai un viaggio di un’ora scarsa diventare un’odissea, un confine varcato ogni anno all’indomani dell’estate, fino a diventare il ricordo perfetto? Il valico risale insieme all’infanzia, sui tornanti che lasciano un senso di nausea. Mio padre è il capitano. Lui ha un piano per ogni cosa. L’auto gialla è carica di valigie di pelle, borse, pacchi e buste stipate per una fuga o una guerra. Tutto quello che serve e non serve occupa il suo posto calcolato. Giorni di preparazione, l’ansia della notte prima, il saliscendi per caricare. La famiglia si mobilita, gli umori diventano tesi e concentrati. Nessuno mai saprà l’origine di tutta questa roba. C’è una bombola azzurra coricata nel cofano, il televisore incastrato ai miei piedi e una cassetta di frutta ferma sui giochi. Mia madre e mia nonna viaggiano a rimorchio, a bordo della scatola 126. Qui in cima, sul punto più alto che si affaccia sul blu, il sole va dritto agli occhi. Comincia la discesa. La via stretta impedisce i sorpassi. Ci sono dei punti coperti di fronde e rami, senza luce, che fanno ombra e sembrano senza tempo. E senza tempo sono i giorni di viaggio, accompagnati ogni volta da uno stesso colore. Negli anni non ricordo una partenza grigia, senza tutta questa luce. L’autoradio accompagna le curve. Mio padre rallenta e procede facendo ipotesi di parcheggio. La costiera è un luogo mitico, con le sirene lungo le rive, l’odore di pane, i vicoli sempre umidi e i misteriosi rumori di zoccoli di legno. Quanto manca? Quando arriviamo? Perché non corri? Ecco il mare.

 

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