Cannes 2016: applausi per “Fai bei sogni” di Marco Bellocchio

Il piccolo Massimo è profondamente legato a sua madre, una donna di trentotto anni reduce da una delicata operazione chirurgica. La mattina del 31 dicembre 1969, il bambino si sveglia di soprassalto a causa delle urla di suo padre. Viene portato a casa di una coppia di vicini, senza che gli venga spiegato il motivo. Poco dopo, un sacerdote annuncia laconicamente che sua madre è morta. Il nuovo film del grande Marco Bellocchio è tratto dal libro autobiografico del giornalista Massimo Gramellini, del quale racconta il dolore e il tentativo di superamento del trauma. Le vicende della vita del protagonista sono scandite da alcuni momenti precisi, con un continuo andirivieni temporale: il 1992 e Mani Pulite; il 1993 con la guerra in Bosnia (dove Massimo è inviato come reporter); il 1995 con la commemorazione della tragedia di Superga dove morì tutta la squadra di calcio del Grande Torino, di cui Massimo è grande tifoso; il 1999 che segna per Massimo il momento della verità e del superamento del trauma.

Immagine correlataAlla proiezione di questa mattina al Marriott Hotel, sede della “Quinzaine des Réalisateurs”, il film è stato accolto favorevolmente e molto applaudito. D’altronde, cosa ci può essere di più grave e toccante del racconto della perdita di una madre? Per questa ragione, il film innesca immediatamente nello spettatore un sentimento (o, almeno, un tentativo) di empatia nei confronti del bambino vittima di una siffatta tragedia.

Tuttavia, al netto dell’inevitabile coinvolgimento emotivo, c’è da dire che Fai bei sogni, ad avviso di chi scrive, sconta la narrazione non cronologica della vicenda che, nel film come nel libro, è scandita in vari momenti temporali. Ma, se nel libro la divisione in capitoli poteva forse essere funzionale, nel film lo spezzettamento in segmenti nuoce alla compattezza del racconto rischiando di farlo apparire come una sequela di eventi giustapposti che non sempre trovano la giusta quadratura. D’altro canto, i 131 minuti del film sono probabilmente troppi e più di una sequenza e di un personaggio risultano superflui, e a volte persino dannosi (pensiamo, in particolare, al Presidente coinvolto nello scandalo di Mani Pulite interpretato da Fabrizio Gifuni e ad una delle fidanzate di Massimo, che compare nel film per l’ultima volta durante una festa rave). Inoltre, c’è da dire che alcuni precisi riferimenti alla politica e alla televisione italiana (Mani Pulite, Raffaella Carrà che balla sulla sigla di “Canzonissima”, la stessa tragedia di Superga) sono troppo legati al contesto specifico del nostro Paese per poter essere compresi al di là dello Stivale.

Risultati immagini per foto fai bei sogni bellocchioNaturalmente, trattandosi di uno dei maestri del cinema italiano che ancora riesce a realizzare opere straordinarie anche recenti (basti pensare allo splendido Vincere e all’ultimo, sottovalutato Sangue del mio sangue, in Concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia), il film non manca di pregi: su tutti, la memorabile sequenza della festa, che segna per Massimo l’inizio di una catarsi che appare impossibile ed è comunque destinata a restare non definitiva, la commistione di pezzi musicali (si va dalla musica rave ad “Highway Star” dei Deep Purple, da “Resta cu mme” cantata da Domenico Modugno a “Surfin’ Bird” dei Trashmen), e l’ottima fotografia di Daniele Ciprì, che restituisce molto bene l’aria del tempo. Nel complesso, però, si avverte una farragine ed un’episodicità che frenano e impediscono la totale adesione.

Ieri sera, intanto, c’è stata anche la proiezione riservata alla stampa del primo film in Concorso, Sieranevada di Cristi Puiu, uno degli autori di punta della new wave rumena che può vantare autori come Cristian Mungiu, Corneliu Porumboiu, Călin Peter Netzer, Radu Muntean, Adrian Sitaru. Il film racconta la storia di una riunione familiare per commemorare il capo-famiglia defunto. Sebbene non privo di interesse, il quinto lungometraggio di questo talentuoso regista (consigliamo di recuperare almeno lo splendido La morte del signor Lazarescu) è apparso slabbrato, verboso, prolisso, eccessivamente protratto lungo una durata monstre di 173 minuti.

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