Cannes 2016: al via con “Cafè Society”, il nuovo film di Woody Allen

A Cannes quest’anno ti accorgi subito che qualcosa è cambiato. Immediatamente. All’arrivo all’aeroporto di Nizza, sei costretto a passare per il controllo passaporti: un controllo rapidissimo, senza file né intoppi ma pur sempre qualcosa cui non si era più abituati e con cui, forse, toccherà di nuovo fare i conti. Il giorno prima dell’inizio della kermesse, inoltre, nel prestigioso Grand Théâtre Lumière, ha avuto luogo nel pomeriggio un’esercitazione anti-terrorismo. Càpita, infine, di vedere qualche poliziotto in più e di subire controlli più stringenti. Insomma, senza voler esagerare dicendo che si respira un clima bellico, si è costretti a ricordarsi tutti dei sanguinosi eventi recenti.

Risultati immagini per foto cafè societyTornando invece a parlare di cinema, il Festival si è aperto questa mattina con la proiezione stampa di Cafè Society, il nuovo film di Woody Allen, presentato Fuori Concorso come film d’apertura. Ambientato negli anni ’30, il film fa la spola tra New York e Los Angeles. La storia è molto semplice: un giovane ebreo (Jesse Eisenberg, ennesimo alter-ego del regista), con genitori litigiosi, un fratello gangster e una sorella sposata con un filosofo pedante e un po’ codardo, si reca a Hollywood in cerca di fortuna da uno zio produttore cinematografico (Steve Carell), che lo affida alle cure della sua segretaria Vonnie (Kristen Stewart) della quale Bobby si innamora, ricambiato. Sta di fatto, però che Vonnie ha anche una relazione con lo zio di Bobby che le ha promesso di lasciare sua moglie.

Il gioco, come si può capire, è tutt’altro che nuovo ed anche il modo in cui Allen lo conduce non reca in sé particolari svolte (che, tra l’altro, per motivi anagrafici, sarebbe ingiusto e velleitario aspettarsi). Tuttavia, tra esilaranti siparietti familiari in cui si scherza sull’ebraismo, il cristianesimo e la morte inevitabile, si ironizza sulla filosofia e sulla morale di chi si illude ancora di poter essere “tutto d’un pezzo” e si tentano improbabili approcci sessuali con squillo improvvisate, Cafè Society si presenta come una gradevole commedia sentimentale, impreziosita dall’apporto di attori che stanno bene in parte e dalla scintillante fotografia di Vittorio Storaro che ricrea molto bene l’atmosfera del tempo.

Drammaturgicamente lineare (e, in questo senso, fin troppo privo di particolari sorprese), divertente, percorso da una piacevole leggerezza, il nuovo film di Allen abbandona i territori seriosi e torbidi del precedente, poco riuscito, Irrational Man per effettuare, al ritmo dell’amato jazz, l’ennesima variazione sul tema delle sue ossessioni e l’ennesima disamina dei suoi temi privilegiati, qui trattati con tono lieve e ironico e con consapevoli e deliberati scivolamenti nel territorio della rappresentazione macchiettistica: le pene d’amor perdute, l’eterna domanda sulla morte che prima o poi arriverà (“vivi ogni giorno come fosse l’ultimo. Un giorno lo sarà davvero” si dice in una delle tante sane risate che il film sa regalare), il conflitto tra le due città (l’odiata Los Angeles, luogo di sogni “destinati a rimanere sogni”, l’amata New York come luogo della stabilità e della concretezza ma anche, stavolta, come teatro di violenze) e, soprattutto, per citare una celebre battuta di Io e Annie la consapevolezza che, quasi quarant’anni dopo uno dei suoi film più famosi e fortunati, Allen continua ostinatamente ad affermare che “abbiamo tutti bisogno di uova”.

 

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