Pier Paolo Calzolari allo Z2O Project di Roma. In dialogo con Sara Zanin su ‘Scritture’

Destinati a una conversazione essenziale e serena. In via Baccio Pontelli, in questa zona di Roma che si affaccia sul delimitare tra il rione Testaccio e rione San Saba, più giù, davanti al Parco della Resistenza dell’VIII settembre.

Sara Zanin ci ospita presso la sua galleria Z2O. Un nome che con un po’ di immaginazione rievoca una formula chimica. La galleria in via Baccio Pontelli è un luogo dove, tra gli alberi e il silenzio di una strada che prosegue sopra una lunga rampa di scale, Sara ha inaugurato uno spazio che si aggiunge alla sede Z2O SARA ZANIN, in Via della Vetrina. Al civico 16 del rione San Saba, invece, vive da poco tempo lo z2o Project, dove fino al 28 febbraio resteranno esposte le opere di Pier Paolo Calzolari, per una personale dal titolo Scritture. Alle opere dell’artista bolognese si aggiungono una serie di poesie inedite scritte in lingua italiana da Karine Marcelle Arneodo, poetessa francese e moglie dell’artista, e un componimento poetico di Bruno Corà, entrambi pubblicati nel catalogo ufficiale della mostra.

21 tele. Sara le descrive partendo dal complesso lavoro di preparazione. Dall’origine artigianale, sul piano esclusivamente materiale, che le caratterizza. Calzolari, infatti, ha adottato una tecnica di preparazione e lavorazione del sale. Un addensato estremamente complicato da realizzare, per cui occorre grande esperienza e notevole capacita e conoscenze per assicurare resa e tenuta a un elemento essenziale per l’ultimazione dell’opera. Per quanto riguarda gli aspetti figurativi ed evocativi di Scritture, Sara prosegue:

“Calzolari ha realizzato delle scritte, quasi come a comporre un diario. Frasi per lui molto importanti, che rievocano un po’ tutta la sua storia sin dal 1960. Tutte frasi legate al mito della natura e dell’acqua. Alcune si ripetono, come fossero dei mantra. Quando Pier Paolo ha chiesto a Bruno di scrivere un testo per il catalogo della mostra, Corà ha riposto con una poesia dal titolo Ballata bianca. Alcune opere sono più bianche, altre più colorate. Pier Paolo definisce più silenziose le bianche e più rumorose quelle colorate. In alcune delle tele vengono utilizzati i colori évoque, tipici della pittura impressionista. Uno strumento, quello di esprimere tinte più brillanti, lucenti insieme a un grande utilizzo del bianco”.

Dalla storia della critica Pier Paolo Calzolari è stato collocato in quella che Germano Celant ha a suo tempo battezzato sotto l’espressione Arte povera.

“Calzolari ha sempre rifiutato certe catalogazioni della critica. È stato collocato nel cosiddetto genere dell’Arte povera, ma è una collocazione che non lo ha mai convinto nella misura in cui, diversamente, lui stesso riflette sulla possibilità di non cedere all’idea di una divisione netta tra transavanguardia e arte povera. Lui considera le categorie utili più al lavoro dei curatori, per far sì che possano lavorare su certi percorsi, ma che, di fatto, queste non esistano. Infatti, Pier Paolo ha sempre portato avanti sia il discorso pittorico, come la mostra al Museo Madre di Napoli, che quello installativo. Due anime che in lui sono sempre convissute, al di là di quello che la critica ha voluto attribuirgli e su cui lui non è d’accordo”.

Con Sara ascoltiamo le registrazioni delle poesie lette dall’autrice. La voce pare farlo come se la lettura avvenisse all’aperto, nonostante il vocale risulti pulito e senza alterazioni. Come se gli interni convocassero i suoni degli esterni, depositando la voce su di un recitativo tanto intimo quanto rivolto a un fuori, in loco di un’evocazione poetica che assorbe il significato delle parole e lo spirito di chi le sta pronunciando. L’audio, che testimonia una lettura scandita in toni caldi e malinconici, conserva i rumori di fondo di una linea sottile che lega l’invocazione di versi nei quali scarseggiano i predicati e confluiscono sostantivi e forme avverbiali disposti in brevità. I componimenti sono privi di punteggiatura, eretti a guardia delle sinestesie che il lavoro artistico di Calzolari compie sugli anni che Scritture intende celebrare, ripercorrere, riafferrare affinché il tempo trascorso non passi alla storia, ma perduri in un unico istante.

“La tua rapsodia
La conosco dal tempo degli antichi”

La probabile influenza della poesia postbellica giapponese, Karine Arneodo ha tradotto le poesie di Ayukawa Nobuo, tra i grandi esponenti della poesia moderna nipponica, ha inciso anche sulla redazione in italiano – Arneodo scrive principalmente in francese – dei quattro componimenti dedicati a Scritture. La poetica dei versi inediti pubblicati sul catalogo della mostra richiama la letteratura del silenzio, in ascolto di quello che, in realtà, altro non è che l’inganno di qualcosa che pare tacere, ma che anche col più flebile e impercettibile dei bisbigli e dei sussurri esprime profondità di osservazione e di pensiero.

“Uno straccio di voce alta
Di volume d’incantesimo
Laddove non c’è più passione
Ma solo turbine di soffio
Che trae davanti al loco
L’ultimo respiro
Che a te non sia sentito
Che a te non sia vendicato”

Vi restano intrisi i liquidi interiori, in linfa di quella vitalità che non reclama dimensionamenti o misurazioni, ma permane in quel radicamento e in quelle ramificazioni che, secondo il grande poeta giapponese Kikuo Takano, fanno sì che “La poesia sia come un albero”.

Per ulteriori consultazioni sulla mostra e sulla galleria è possibile consultare il sito della z2o Sara Zanin Gallery

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