Il Mangianastri – Dustin O’Halloran\OPUS 20

di Alfonso Tramontano Guerritore

Le macchine all’incrocio attraversano la rotatoria seguendo un programma automatico. Così le ruote passano sulla superfice variabile della strada. Non hanno occhi, seguono a distanza i comandi impartiti dagli abitacoli, dagli autisti presi a fissare un ritaglio di parabrezza, confusi dal più piccolo schermo del cellulare, dalle direzioni mischiate delle intersezioni, dalle moto, dagli scooter e dai pedoni. E’ sera, il sole appena declina nei giorni del solstizio. Ora di rientro. Traffico al suo massimo. Tutti contemporaneamente scelgono di attraversare uno stesso punto, a velocità variabile, presi da un movimento privo di consapevolezza, eseguito a memoria. La distrazione non è contemplata, nella convergenza di almeno cinque strade. La sola possibilità che ho per non perdermi come al solito è una pausa. Mi dispongo all’angolo di un palazzo, cuspide in mezzo al confine della carreggiata, sotto un balconcino d’ombra, a lato di ogni vettura e mezzo possibile. L’andatura della sinfonia rallenta tutto. Il traffico si scolla e procede in un altro mondo, sotto delle bolle di materia immaginata. La gente a piedi sembra danzare ad un’altra profondità. Come un abisso o la luna nella sua fase più dolce e illuminata Tutto è un piano di note precipitate con la naturalezza di un rigagnolo. Le dita sfiorano le conformazioni dei pensieri più fragili di ciascuno, chiuso tra l’aria artificiale e i sedili, i volanti e i comandi, la finta compagnia e un qualsiasi display. Quello che vorrebbero, quello che vorremmo, è forse un attimo di questa melodia. Io sono qui. Non mi vede nessuno. Nessuno sente quello che vorrei.

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