Di altri inferni – L’Abisso di fuoco dalla fantascienza al weird – Seconda parte

La fantascienza con i suoi viaggi speculativi verso le frontiere ignote della conoscenza non ha disdegnato di spingersi in ambiti pertinenti alla religione come l’Inferno, “razionalizzando” l’argomento con una lettura personale e polemica e reinterpretando con i propri strumenti la forza del simbolo e il suo apparato espressivo.
Philip Josè Farmer, prolifico autore di cicli avventurosi come I Fabbricanti di universi ai quali ha contrapposto tematiche più scottanti come la sessualità interspecie di Un amore a Siddo o i quesiti teologici di Notte di luce, affronta di petto il tema con un potentissimo romanzo del ’64, L’inferno a rovescio (Inside outside).
Scegliendo lo scenario codificato da Dante e Milton in forme in cui ha già trovato massima espressione, l’operazione di Farmer nasce nell’ambito più popolare della narrativa di genere, tenendosi lontano però dalla banalità di una mera trascrizione, per rendere l’impianto fantascientifico imprescindibile dai drammatici quesiti morali della trama.

Nel romanzo uscito in Italia nel ’66, incontriamo una visione inedita del regno dei morti ripresa solo in minima parte da elementi dell’iconografia tradizionale, così da ridisegnare un Aldilà fisico e crudelmente “educativo” costruito ad arte da una avanzata razza extraterrestre dal fortissimo impulso etico. In questo mondo ogni cosa appare ribaltata: lo sfondo infernale è quello di una terra cava illuminata da un sole che galleggia nel suo epicentro, le figure dei demoni sono ridotte da torturatori a servi degli umani, sadicamente costretti a non poter rivelare la reale natura del mondo in cui si trovano, infine, la condizione stessa dei dannati – apparentemente la prosecuzione post-mortem di una vita reale – si smaschera come finzione di un progetto tanto ambizioso quanto blasfemo: dotare ogni umano non ancora nato di un “anima artificiale” impregnata delle educative esperienze pre-vita apprese nella desolata condizione infernale.

Le notevolissime potenzialità che Farmer intravede nell’argomento, la passione per il proprio olimpo letterario personale oltre che una naturale propensione alla serialità, portano lo scrittore a riprenderne i temi nel successivo Ciclo del Fiume, corposo serial costituito da 5 romanzi e uno spin-off che raccoglie alcuni racconti autonomi rispetto alla narrazione principale. Le consuete tensioni mistiche della sua opera, retaggio di un’educazione rigida e puritana, qui scivolano in secondo piano scavalcate da un’opportunità irresistibile per ogni romanziere, ossia avere a disposizione uno sfondo abitato dalla summa dell’umanità di tutti i tempi. Con la possibilità di far interagire fra loro personaggi di epoche e mondi diversi, ritroviamo l’esploratore Richard Burton, lo scrittore Samuel Clemens (Mark Twain), Tom Mix, Cyrano de Bergerac, Alice Liddell Hargreaves (il modello della Alice di Lewis Carroll) e tanti altri ancora, tutti resuscitati sul fiume di un pianeta costruito da entità superiori, dove il teatro della Storia dell’umanità, viene frullato e rimontato in combinazioni impossibili e inedite.

In questo godibilissimo serial, l’azione si allontana del tutto dalle fiamme infernali, ma non manca l’elemento Oltremondano e il ricorso all’antica simbologia fluviale, rimandante all’Acheronte dei greci, o ai molteplici fiumi dei morti delle religioni pagane.
Parafrasando Calvino, anche qui l’Inferno è rappresentato pessimisticamente dalle peggiori pulsioni umane, che mantengono purtroppo intatte la loro bestialità e tendenza alla sopraffazione, provocando catene di conflitti, schiavismo e rapporti di forza e diseguaglianza.

Di romanzo in romanzo, si può seguire l’esplorazione di questo mondo artificiale e dei suoi segreti, in una quest imperniata sul tentativo di raggiungere le misteriose sorgenti dell’immenso corso d’acqua. Nel finale ambientato nella base segreta degli Etici troveranno una (deludente) spiegazione molti interrogativi trascinati in uno sviluppo troppo ridondante per mantenere una compattezza stilistica e di contenuti. Il ciclo di Riverworld, in ogni caso resta uno dei classici della fantascienza, da cui è difficile non restare sedotti.
Da sottolineare che, in entrambi i casi, ll connubio tra SF e Inferno sposta quest’ultimo dalle profondità claustrofobiche in cui nasce, agli spazi siderali, ambiente fantascientifico per elezione, metaforicamente associato alle sfere celesti, cui viene sottratta con un’amara sfumatura di scetticismo ogni valenza salvifica.

Un ulteriore “disocazione” la si deve alla penna raffinata di James Blish, che dopo aver analizzato con Guerra al grande nulla i dubbi spirituali di un sacerdote a contatto con un’agnostica razza aliena, prosegue il suo discorso sulla natura della creazione con Pasqua nera, del ’68 e il conclusivo Apocalisse e dopo, del ’70. In questi ultimi romanzi, impregnati di citazioni demonologiche ed esoteriche, assistiamo alla liberazione di 49 demoni maggiori sguinzagliati sulla Terra e alla morte di Dio. In questo tragico contesto, l’Inferno rappresentato dalle sua metropoli Nuova Dite, s’insedia nel deserto americano annullando, così, lo iato che separa i due universi.

Si va in una direzione più leggera col romanzo del ‘76 Questo è l’Inferno, caustico divertissement di Larry Niven e Jerry Pournelle. La falsariga dell’Ade dantesco fa da fondale alle disavventure oltremondane di Carpenter, uno scrittore dall’ostinato razionalismo, calato in un contesto che si beffa di ogni sua spiegazione. Basti dire che il corpulento “Benny” che fa da mentore al neo defunto è Benito Mussolini, mentre lungo il suo tragitto verso una speranza di salvezza compaiono personaggi come Billy the kid, Jessie James, Ron Hubbard e altri ancora. Il successo del romanzo segnalato con nominations ai premi Hugo e Nebula (edizione ’76), porta gli autori a proporne un seguito alcuni anni dopo con Out of the hell.

L’esplorazione, l’oltrepassamento della soglia, le numerose odissee che ricorrono nell’immaginario fantascientifico, rappresentano degli ideali propulsori tematici che trasportano la coscienza spinta negli infiniti “Altrove” del possibile. Nel mito e nella letteratura fantastica, il by-pass che connette i due mondi (quello dei viventi e quello dei morti) è simboleggiato da un’imbarcazione, arcaico mezzo di trasporto che si attualizza in altre forme pur mantenendo la stessa funzione concettuale. Concludiamo questa seconda parte del nostro itinerario quindi ricordandone delle rappresentazioni futuribili come la sonda spaziale del romanzo Painlog di Luca Zaffini, il cui percorso ai margini della galassia ne porta i  sensori a rivelare alla Terra la reale esistenza dell’Inferno nascosto nel buio e inesplorato abisso del buco nero V4641. Nella trilogia di Glenn Cooper Dannati (2014) è un altro dispositivo tecnologico, un acceleratore di particelle, a imbattersi invece per errore nelle terre infernali, proiettando i suoi protagonisti nelle sue oscure regioni, speculare versione della nostra realtà.

Nel prossimo, conclusivo appuntamento, abbandoneremo il campo della metafora scientifica per muoverci nell’ambito più magmatico del weird e dell’orrore, così da restituire  l’Inferno alle tenebre dell’inconscio che l’ha generato, per illuminarne quanto possibile il fascino irresistibile e angoscioso. Con lettere di fuoco, ovviamente…

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