Cannes 2016: la “Poesia Infinita” di Jodorowsky. E anche quella del Gigante Gentile di Spielberg

Per una strana e felice coincidenza può capitare di imbattersi, in una stessa giornata festivaliera, in due film diversissimi tra loro eppure stranamente destinati a dialogare, a incontrarsi su un medesimo terreno, quello della fantasia e della visionarietà dei loro autori, a trovarsi a battere le medesime piste. Stiamo parlando de Il Grande Gigante Gentile (d’ora in poi GGG), il nuovo fantasy di Steven Spielberg coprodotto dalla Disney e presentato Fuori Concorso, e di Poesia sin fin di Alejandro Jodorowsky, passato ieri sera alla “Quinzaine des Réalisateurs”, séguito annunciato del precedente La danza della realtà, con il quale costituisce un dittico autobiografico sulle vicende del geniale e visionario artista, regista, sceneggiatore e psicomago cileno.

Risultati immagini per foto poesia sin finCosa hanno in comune queste due opere? La risposta è semplice: esse sono concepite partendo dal medesimo stupore infantile e danno libero sfogo alla creatività, alla fantasia, alla voglia inesausta di scoprire il mondo e di lasciarsene stregare, impaurire, incantare. Nel film di Spielberg, classico film per tutte le età, perfetta fiaba per bambini tratta da un romanzo di Roald Dahl, la piccola orfana Sophie, incarnata dalla dolcissima Ruby Barnhill, viene trasportata nel regno dei giganti dopo avere scoperto uno di loro, il gigante “gentile” del titolo, che si aggira per le strade di una Londra notturna, perfettamente illuminata dall’ormai fedelissimo direttore della fotografia Janusz Kaminski. In Poesia sin fin, invece, Jodorowsky ci invita ad entrare nel mondo coloratissimo, fantasmagorico e follemente surreale della sua messinscena. Dopo aver lacerato il cordone ombelicale che lo lega alla famiglia (facendo di se stesso, a sua volta, un “orfano” come la piccola Sophie), il giovane “Alejandrito” va in cerca della sua strada imparando l’arte del marionettista, legandosi poi ad una poetessa folle e vergine, e incontrando sulla sua strada i soliti personaggi da sempre presenti nel “fantastico” mondo jodorowskyano: nani, artisti squattrinati, uomini senza braccia, poeti velleitari quanto lui, e l’amato mondo del circo.

Risultati immagini per foto grande gigante gentileLa piccola Sophie e il vecchio Jodorowsky: due mondi e due generazioni lontane ma uniti, la bambina e l’anziano, dalla necessità di disobbedire, di uscire dalla propria odiata situazione di partenza (l’orfanotrofio l’una, l’angusto mondo familiare l’altro), per spingersi a guardare “oltre” e a sperimentare una situazione diversa, sicuramente più rischiosa ma anche più esaltante. Perfetto film per bambini, come si ricordava più sopra, GGG è un’opera affascinante che può parlare anche ai grandi, specie quando il mansueto protagonista dalle dimensioni colossali mostra alla bambina (letteralmente, attraverso speciali formule chimiche) come si fa a costruire i sogni (impossibile, in questo senso, non considerare il personaggio una metafora del regista cinematografico che soffia i sogni nei cuori delle persone/spettatori) oppure nell’esilarante scena del ricevimento a Buckingham Palace che sconvolge il protocollo, vista la particolarità dell’ospite.

Per vie diverse ma in maniera tutto sommato non dissimile, anche il film di Jodorowsky, urlo anarchico e folle di chi non vuole rassegnarsi alla mediocrità, si conclude come un grande inno alla vita e un’esaltazione della capacità umana di dare una diversa lettura ai fatti che ci accadono, compresi quelli apparentemente più drammatici. La proiezione di Poesia sin fin è stata accompagnata dalla presenza in sala dello stesso Jodorowsky, che ha introdotto il film, e si è conclusa con quindici minuti di applausi e un’ovazione per il regista, visibilmente commosso. Un grande momento di cinema. E di vita.

Risultati immagini per foto american honey arnoldPer quanto riguarda il Concorso, continuano invece ad arrivare scottanti delusioni. La prima è quella per Mademoiselle di Park Chan-Wook storia della relazione tra due donne nella Corea degli anni ’30, e del loro perverso piano per ingannare il marito di una di esse. Il film è un attacco contro il potere fallocratico, ma è parso arrivare fuori tempo massimo, sia per i temi affrontati che per lo stile di messinscena, ricca e sontuosa ma fredda e nel complesso troppo lambiccata. La seconda delusione è arrivata invece dalla bravissima regista inglese Andrea Arnold, in trasferta negli Stati Uniti. American Honey, interpretato da Shia LaBoeuf, ruota intorno ad un gruppo di giovani che attraversano il Paese a bordo di un furgone per vendere riviste porta a porta. Il film è girato con la consueta grinta ma, dopo una prima ora molto interessante, finisce per non raccontare nulla di veramente nuovo (se non, molto superficialmente, le diverse anime degli Stati Uniti) e arriva assai stancamente alla fine, con una durata monstre di 162 minuti, difetto che condivide con molte altre pellicole sinora viste alla Croisette.

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