Crisi in Brasile, rischio di colpo di Stato

di Rodrigo Péret

 

La situazione in Brasile è molto grave. La società brasiliana è nettamente divisa: la destra riunisce la classe media, specialmente i suoi strati più elevati, mentre la sinistra conserva la sua militanza e può contare ancora su segmenti importanti della classe lavoratrice e popolare. È in atto un processo politico che presenta tra i suoi principali istigatori l’opposizione di destra, i monopoli della comunicazione e alcune frazioni dell’apparato giuridico e repressivo dello Stato (settori del Potere Giudiziario, della Polizia giudiziaria, del Pubblico Ministero e della Polizia federale).

 

I principali attori del colpo

Già prima delle elezioni presidenziali del 2014, si era sviluppata una forte campagna contro la rielezione di Dilma Russef, del Partito dei Lavoratori (PT). Rousseff ha vinto con il 51,64 per cento dei voti, sconfiggendo al ballottaggio il suo avversario, il conservatore Aecio Neves, del Partito della Social Democrazia Brasiliana (PSDB).

Il quadro politico dopo le elezioni del 2014 è diventato molto complicato. È la quarta elezione consecutiva vinta dal PT, ma il margine è il più ridotto nella storia elettorale del paese. Una buona parte del Congresso Federale brasiliano è stata rinnovata ed è stato registrato l’ingresso di senatori e deputati di stampo conservatore. È il Congresso più conservatore dalla fine della dittatura militare. Dopo l’inizio del primo incarico di Dilma, dal primo gennaio 2015 è iniziata una forte campagna contro l’opportunità che potesse continuare a svolgere la presidenza. Il Presidente della Camera dei Deputati, a sua volta, è stato denunciato per atti di corruzione ed è attualmente sottoposto al vaglio di una commissione di etica dello stesso organo.

Il Giudice Federale dello Stato di Paraná, Sergio Moro, nell’ambito di un’operazione chiamata Lava Jato, sta conducendo un’azione giudiziaria contro la corruzione della Petrobras, la compagnia petrolifera statale. Quest’azione è influenzata da un fenomeno paragonabile a quello che in Italia è stato denominato “Mani Pulite”. Moro è adulato dalla stampa e dall’opinione pubblica conservatrice e il suo profilo è sempre più evidente come anti Partito dei Lavoratori (PT).

Questo giudice rappresenta una corrente giustizialista tipica di una politica molto attiva in Brasile. Si cerca di trasferire il comando dello Stato ai pubblici ministeri e al potere giudiziario, che iniziano a interferire, deliberare e legiferare su tutti gli aspetti della cosa pubblica.

I mass media svolgono un ruolo importante nella crisi politica in Brasile. Monopolizzata da conglomerati di destra, i media utilizzano lo scandalo come un mezzo per raggiungere obiettivi politici. I media hanno istituito una polarizzazione, in collaborazione con l’inchiesta giudiziaria contro la corruzione, col pubblico ministero e la polizia federale. Esiste un’alleanza tra una parte della magistratura e i media, per una mirata divulgazione di testimoni, indagini di polizia e denunce. Questa strategia di diffusione va contro i principi democratici, mira a distruggere la reputazione personale e interferisce nel dibattito politico, influenzando l’opinione pubblica per far sì che essa sia favorevole a questo tipo di operazioni e alla richiesta dell’impeachment.

 

Il contesto della crisi

Gli ultimi quattordici anni hanno portato molti cambiamenti sociali ed economici in Brasile. Il boom globale delle materie prime ha sostenuto le politiche sociali che hanno permesso a circa trenta milioni di persone di affrancarsi dalla povertà, favorendo lo sviluppo del mercato del lavoro, le connessioni di massa alla rete elettrica e l’aumento dei salari minimi. Inoltre, programmi che assicurano sostegno ai poveri, case a costi più bassi, quote di ammissione all’università per intervenire su ingiustizie secolari, riguardo ai poveri, ai neri e agli indigeni. Per rompere il ciclo generazionale della povertà in breve e lungo termine, sono stati avviati programmi di trasferimento di reddito a milioni di famiglie povere, con figli di età compresa tra i 6 e i 17 anni in regolare frequentazione scolastica.

Tuttavia, la crisi internazionale che ha avuto inizio nel 2007/2008, e continua ancora oggi, dal 2010 ha ridotto il tasso di crescita. Il Brasile è in recessione dal terzo trimestre del 2014 e il Pil nel 2015 è diminuito del 3,8%.  I capitalisti brasiliani chiedono tagli ai bilanci sociali, contestano i diritti sanciti dalla Costituzione del 1988, perseguendo lo smantellamento della legislazione del lavoro e dei diritti sociali. La parte maggioritaria della comunità imprenditoriale brasiliana non accetta più il PT nel governo federale e incoraggia una controffensiva ideologica e politica, trovando grande consenso prima di tutto nella classe media tradizionale che, come pure le elite, non ha mai voluto accettare i cambiamenti sociali degli ultimi 14 anni.

La crisi economica, sommata a una specie di festival degli scandali alimentato in maniera sensazionalista dai media, ha favorito un pensiero conservatore e coloniale, che, gradualmente, ha preso piede in Brasile verso nuove derive fasciste e anti-comuniste, verso il razzismo, il sessismo, l’omofobia e tutti i tipi di pregiudizi di classe.

 

Gli obiettivi della controffensiva della destra

 

  1. Riallineare il Brasile agli Stati Uniti, trascurando il BRICS (acronimo per un’associazione di cinque economie nazionali emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e Africa del Sud. L’accordo si distingue per una rapida crescita economica ed un’espressa influenza regionale e globale) e l’integrazione regionale.

 

  1. Ridurre significativamente i diritti sociali e limitare le libertà democratiche dei settori popolari.

 

Per avere un’idea del regresso politico e sociale in corso in Brasile, basti osservare quattro progetti di legge elaborati presso il Senato brasiliano: (1) La legge che apre alle compagnie straniere lo sfruttamento dei grandi giacimenti di petrolio brasiliano in acque profonde, nel mare (Secondo la legge attuale, approvata nel 2010, la Petrobras – statale brasiliana – è l’unico operatore dei giacimenti di petrolio nel “pre-sale”, con una quota di almeno il 30% ed è responsabile della conduzione e l’esecuzione, diretta o indiretta, di tutta l’attività di prospettiva, valutazione, sviluppo e produzione); (2) La legge anti terrorismo (a dire il vero, sembra più una legge anti dimostrazione popolare); (3) La legge che mira a trasformare le aziende pubbliche in private; (4) La legge che stabilisce l’autonomia della Banca Centrale e la fine del controllo pubblico sulla politica economica.

 

A rischio sono lo stato di diritto e la Costituzione Federale

La corruzione non è un fatto nuovo nella storia del Brasile; schemi di corruzione che coinvolgono le grandi aziende, il finanziamento delle campagne e dei partiti sono endemici nel sistema politico brasiliano. È stata presente in tutti i governi, anche durante il periodo della dittatura. La corruzione deve essere combattuta con forza. Tuttavia, al fine di eliminarla, non possiamo violare i diritti dei cittadini brasiliani. Non possiamo permettere la relativizzazione della presunzione d’innocenza, espedienti arbitrari come comportamento coercitivo nei confronti di chi è stato indagato o richieste di detenzione preventiva senza adeguati motivi legali. Non si può adoperare la detenzione temporanea, quando mancano i presupposti previsti dalla legge, al fine di ottenere denunce. Valga lo stesso per le intercettazioni telefoniche illegali che violano le prerogative degli avvocati e anche del Presidente.

Quello a cui si sta assistendo negli ultimi sedici mesi è la ricerca incessante di un crimine per giustificare ciò che è stato deciso: l’impeachment. Le quattro principali riviste brasiliane, la più grande rete televisiva (Globo) e i più importanti giornali sono concentrati a lanciare attacchi diffamatori contro Dilma e Lula, e con una cronaca straordinariamente unitaria. Gli interessi commerciali rappresentati da questi mass media sono pro-impeachment e, in passato, già legati alla dittatura militare.

La volontà è quella di relativizzare un principio democratico attraverso una procedura d’impeachment, ma senza base legale. Tuttavia, l’impeachment non è una decisione politica legata alla soddisfazione o all’insoddisfazione rispetto alla gestione politica di chi è stato eletto.

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