Venezia 76, giorno 8, “Goodbye Dragon Inn di Tsai Ming-liang l’ultimo spettacolo

Goodbye, Dragon Inn di Tsai Ming-liang
è il più grande film sulla morte del cinema degli ultimi 100 anni

enrico ghezzi

Risultati immagini per goodbye dragon innSedici anni dopo la sua partecipazione in Concorso torna a Venezia in versione restaurata Goodbye Dragon Inn di Tsai Ming-liang, la cui riproposizione sancisce ormai la sua statura di classico, di opera imprescindibile per la storia del cinema mondiale. Eppure, come racconta chi era presente, alla proiezione ufficiale del 2003 la sala si svuotò di accreditati, in fuga da un film “difficile” ed estenuante, costruito in massima parte sull’utilizzo (peraltro assolutamente geniale) di silenzi e rumori, su lunghi piani-sequenza fissi che hanno modo di imprimersi nello sguardo dello spettatore, di attaccarsi alla retina. In uno di questi, probabilmente quello fondamentale, si vede la sala cinematografica in cui si svolge il film drammaticamente vuota mentre la cassiera pulisce gli scarti lasciati sul pavimento dagli spettatori: è un’immagine struggente, in cui la sala si specchia dentro se stessa guardando forse quello che è il suo futuro.

Immagine correlataGoodbye Dragon Inn (Bu san, 2003), film mai distribuito in Italia, è infatti ambientato in una vecchia sala cinematografica fatiscente della periferia di Taipei nel giorno del suo ultimo spettacolo, prima della definitiva chiusura. Il Dragon Inn del titolo è un vecchio film del 1967, un classico del wuxiapian (film di cappa e spada) diretto dal maestro King Hu, che viene proiettato in una sala in cui i pochissimi avventori che si aggirano tra i sedili sono più simili a fantasmi che a veri spettatori. Come dirà infatti uno di essi, in uno dei rarissimi dialoghi del film: “Questo cinema è infestato”. Ancora una volta, come già in alcuni dei suoi film precedenti (il bellissimo esordio Rebels of the Neon God, ma anche Vive l’amour e The Hole) così come nel meraviglioso e terminale Stray dogs, Tsai realizza un film che ci parla di corpi alla deriva, persi dentro spazi che li rendono simili a fantasmi. Questa volta però il regista sembra dirci che è il cinema stesso ad essere corpo esanime, putrefatto, non più rianimabile. L’addio si svolge in una giornata segnata da una pioggia torrenziale: come in tutti i film di questo maestro del cinema mondiale, l’acqua è un elemento imprescindibile della scabra messinscena con la sua presenza che sembra scandire il passare del tempo, il suo fluire inesorabile, la sua inarrestabile corsa verso canali di scolo dentro i quali ogni visione sembra destinata a scivolare per poi perdersi per sempre.

Risultati immagini per goodbye dragon innFilm di revenants, di morti viventi, Goodbye, Dragon Inn a un certo momento fa apparire in scena due degli attori del film proiettato, Shih Chun e Miao Tien, ormai vecchi, che guardano se stessi in azione sullo schermo: il loro corpo di celluloide, che si agita veloce nelle sequenze di combattimento del film proiettato, assume quasi maggiore verità e consistenza del loro corpo attuale, ridotto ad essere nient’altro che un’ombra silenziosa e di cui, come commentano amaramente, “nessuno ormai si ricorda più”. Spettatori di se stessi o, chissà, semplici apparizioni fantasmatiche, i due attori sono simili a quegli spettri che non vogliono più lasciare il luogo che hanno abitato e che adesso sta per finire in mano a chissà chi, diventando un supermercato o una sala giochi, come avvenuto per altre sale in tutti i luoghi del mondo. Tuttavia, in loro non c’è alcuna intenzione di ribellione ma solo la presa d’atto di una situazione irreversibile, la consapevolezza di essere finiti nell’oblio, un sentimento di resa incondizionata.

Risultati immagini per goodbye dragon innMa c’è un altro momento indimenticabile in Goodbye, Dragon Inn ed è quando la cassiera del cinema entra in sala aprendo una porta che si trova in corrispondenza dello schermo e facendo sì che la sua comparsa vada a completare l’immagine del film di Hu che scorre sullo schermo per poi uscire, poco dopo, richiudendo la porta. E’ una sequenza poetica e struggente che probabilmente riassume, con straordinaria sintesi icastica, la simbiosi tra cinema e spettatore, la superfluità dell’uno senza l’altro, l’ultimo colpo di coda prima della conclusione di quella storia d’amore che convenzionalmente si fa iniziare a Parigi il 28 dicembre del 1895, giorno della prima proiezione pubblica, al Salon des Indiens du Grand Café di Boulevard des Capucines. Il cinema, come ogni altra arte, non può esistere senza qualcuno che, attraverso il proprio sguardo e la propria presenza sul luogo in cui esso prende forma, ne certifichi l’esistenza e la possibilità di durare.

Risultati immagini per goodbye dragon innNel famoso film di Giuseppe TornatoreNuovo Cinema Paradiso, per sancire la morte del cinema in sala il regista siciliano ci mostrava la demolizione della vecchia sala di paese, con tanto di afflizione generale. A Tsai è sufficiente mostrarci un neon fulminato che non riesce più ad accendersi e agonizza per tutta la durata del film, il passo claudicante della bigliettaia zoppa alla vana ricerca del proiezionista, con il quale vorrebbe condividere l’ultima cena prima della chiusura della sala, il corridoio allagato che si percorre per raggiungere la sala di proiezione. Si tratta di un finale dimesso, un’uscita di scena silenziosa e priva di clamore, un canto del cigno che non può contare su nessun “gran finale”. Goodbye, Dragon Inn è il racconto di un’apocalisse, il resoconto del divorzio definitivo tra il cinema e colui che dovrebbe guardarlo, la radiografia di una storia d’amore che finisce per sempre. E si sa, ogni storia d’amore è anche una storia di fantasmi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA – Ne è consentita esclusivamente una riproduzione parziale con citazione della fonte, Milena Edizioni o www.rivistamilena.it

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!