Lugubre, con stile – il teatro nero di Chas Addams seconda parte

Come abbiamo già visto, il tema familiare riletto in chiave anticonformista non manca di ricorrere con frequenza nella produzione di Chas Addams. Sempre “ravvivata” da delitti, aberrazioni e stravaganze di ogni tipo, la famiglia fornisce l’innesco a gag dalle risate ciniche, a denti stretti, allarmanti come il bicchiere di latte (fosforescente) che Cary Grant serve alla moglie Joan Fontaine  ne Il sospetto di Hitchcock. L’amore romantico non è di casa in queste scenette, dove coniugi incalliti dalla routine non fanno altro che tendersi trappole e occultare corpi del reato. Con gli Addams, invece, la novità dello schema è il loro ribaltare le regole presentandosi tetri quanto un castello nella brughiera, ma uniti dall’armonia più idilliaca dovuta alla comune passione per l’orrido e il cimiteriale.

In questi cartoons girano meno mazzi di fiori che corone e al posto di micini e ficus s’incontrano gorilla e piante carnivore. L’elemento comico scaturisce quindi dal clima di normalità in cui viene proposta ogni bizzarria, in scenette agrodolci affidate spesso alla sola immagine, come quella in cui vediamo la piccola Wednesday, giardiniera provetta, che innaffia file di funghi velenosi, oppure lo zio Fester nel buio di un cinema che ride di cuore per un film drammatico, inorridendo le anziane spettatrici in sala.

Dai tempi del loro esordio nel ’38, i membri di questo anomalo focolare domestico abitano un villone vittoriano, modellato sul ricordo della casa diroccata di Elm street (!) in cui l’autore del New Jersey giocava da bambino in cerca di brividi e – possibilmente – fantasmi.

Per un paio di decenni, la serie non viene strutturata come tale, affiorando con apparizioni isolate tra le vignette del New Yorker. L’organico iniziale si limita a tre personaggi. Gomez, amorevole marito dagli occhi pesti e l’aria malaticcia, la bella Morticia, effigie raggelante della dark lady in abito nero, e il lugubre servitore Lurch, facsimile di Boris Karloff nel mostro di  Frankenstein. Le potenzialità esilaranti dell’idea che invita a uno sviluppo più articolato, portano Addams ad aggiungere gradualmente altri soggetti al trio, personaggi che non avranno ancora un nome fino alla loro prima, fortunata, trasposizione televisiva del ’64. Con un lento e progressivo infittirsi di parenti e relative dinamiche, vengono introdotti così i due pargoli della coppia, Pugsley e Wednesday, un maschio e una femmina perfettamente allineati ai gusti macabri dei genitori, di cui non tradiscono le direttive con scherzi assassini e altre bravate, sempre accolte con un sorriso di compiacimento. Ai quattro si aggiungono altri adulti che completano il quadro parentelare rifacendosi a figure tipiche dell’horror, cioè una nonna-strega, rimbambita e benevola e lo zio Fester, i cui occhi a palla, la calvizie e l’abbigliamento richiamano Peter Lorre e il cinema espressionista.

Con questa squadra, rimpolpata da un cugino perennemente nascosto dalla capigliatura esuberante e dalla Mano che vive in una scatola (oltre ad alcuni animali domestici), gli Addams sono pronti a passare dalla carta al video, iniziando la propria invasione dell’immaginario collettivo. Un viaggio ininterrotto che li accompagnerà in seguito anche con incarnazioni animate e a diverse produzioni filmiche di grande successo.
Leggenda vuole che David Levy, produttore dalla ABC avesse intuito il possibile impatto sul piccolo schermo della famiglia Addams vedendo la copertina di una loro raccolta esposta in una vetrina. Da questa illuminazione, vengono realizzati i 64 episodi del telefilm scritto da Nat Perrin (già autore per il Marx brothers) e andati in onda tra il ’64 e il ’66.

Le vite della Famiglia Addams, a questo punto si moltiplicano, tracimando dalle numerose ristampe antologiche in altri media. Mentre il New Yorker, troppo snob per ospitare una serie condivisa con la televisione, smette di pubblicarne le avventure per un lungo arco di tempo, il mondo dell’animazione spalanca le sue porte alla famigliola nel ’72, inserendola all’interno di uno speciale del cane Scooby Doo. Il team-up con il celebre alano di Hanna & Barbera funziona, dando origine l’anno dopo a una costola autonoma di sedici episodi in cui gli Addams sono i protagonisti assoluti con tutto il loro macabro circo.

Dal varietà musicale alla prima versione filmica, nata come pilota di una seconda serie di telefilm mai andati in onda, si fa un salto negli anni ’90 dove, coadiuvati da effetti speciali che consentono alla Mano performance incredibili, l’humour nero di questi beniamini al cianuro incontra nuovi terreni di gioco.
Il mondo contemporaneo è abbastanza truce da trovare conforto nelle sapide cattiverie degli Addams. film si moltiplicano e con loro torna una rinnovata versione animata del ’92, debuttata sul canale americano ABC. Nel frattempo l’ostracismo del New Yorker termina nel ’87 con il ritiro dell’editore Shaw, consentendo alla popolare famiglia di tornare a sghignazzare tra elzeviri e corsivi d’autore.

C’è polvere e muffa negli scenari cari a Chas Addams, ma la sua creazione non fa ragnatele in soffitta, proiettandosi nel nuovo millennio con una freschezza immutata. Poche serie nate sul finire degli anni ’30 possono dire la stessa cosa, parlando in termini di longevità e di favore del pubblico. Che i disprezzati gatti neri, i veleni e i malocchi più infami, alla resa dei conti, portino invece tutta salute?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!