“Smoke” di Wayne Wang e Paul Auster, il fascino indiscreto del racconto

Qualunque cosa sia la Vita, non pesa nulla
Buckminster Fuller

 

Risultati immagini per smoke filmNel novembre del 1990, il “New York Times” chiese allo scrittore Paul Auster di scrivere un racconto di Natale da pubblicare all’interno di una rubrica apposita all’interno del giornale. Lo scrittore, dopo qualche tentennamento, accettò e buttò giù la storia che il protagonista del film, il tabaccaio Auggie Wren (Harvey Keitel), racconta al bar all’amico scrittore Paul Benjamin (William Hurt) nel bellissimo finale del film. Il regista Wayne Wang, sette lungometraggi all’attivo sino a quel momento, lesse il racconto di Auster e contattò lo scrittore per condividere con lui l’idea che gli era venuta di fare un film partendo dal “racconto di Natale” di Auggie Wren.

Immagine correlataNel febbraio del 1995 Smoke approdò al Festival di Berlino vincendo l’Orso d’argento per la regia e quello per il miglior attore a Keitel, primi di una serie di riconoscimenti ottenuti dal film tra i quali anche il Premio del pubblico a Locarno e il National Board of Review of Motion Pictures come uno dei dieci migliori film dell’anno. Il titolo del film allude al negozio di tabacchi, luogo di incontro e di snodo dei vari personaggi ma, secondo le intenzioni dello sceneggiatore-scrittore, doveva anche sottolineare la proprietà del fumo di offuscare le cose, di renderle opache e indecifrabili. Nella scena d’apertura (riportata al termine di questo contributo), lo scrittore Paul Benjamin racconta della scommessa fatta da sir Walter Raleigh, insolita figura di navigatore, corsaro e poeta inglese, l’uomo che introdusse il tabacco in Inghilterra, con la regina Elisabetta I: la possibilità di calcolare il peso del fumo dimostrandone ironicamente la consistenza.

Il fumo diventa così metafora delle vicende che accadono ai personaggi del film. Così come esso non è statico e muta continuamente di forma, anche la vita in fondo, nella sua apparente e granitica ripetitività, cambia ogni giorno, anche se spesso in maniera impercettibile. I personaggi di Smoke entrano in contatto con avvenimenti e persone che modificano il loro rapporto con la realtà e con loro stessi in maniera più o meno decisiva. Wayne Wang e Paul Auster, anche nei momenti più seri del film, sono attenti a tenere a freno la retorica e a far sorvegliare la pellicola dall’angelo custode dell’ironia.

Smoke è un film semplice ma profondo, tenerissimo e accattivante, che invita a guardare dentro l’apparente banalità del quotidiano e sembra fare sua la famosa riflessione di Eraclito“Non si può entrare due volte nello stesso fiume”. Lo sa bene Auggie che, prima di iniziare la sua giornata, ogni mattina alle sette in punto scatta sempre la stessa fotografia ritraendo un banale e anonimo angolo di strada, quello all’incrocio tra Atlantic Avenue e Clinton Street. In una delle scene più belle del film, accade così che lo scrittore Paul riveda in una delle foto di Auggie la moglie morta: è un momento toccante in cui la commozione del personaggio è anche la nostra perché anche noi siamo dentro questo inesorabile fluire del tempo e dell’esistenza. Anche per questa ragione, Smoke è qualcosa di più di una bellissima e spumeggiante commedia umana, scritta e girata in stato di grazia: è un film solare e autentico che manda a casa lo spettatore avvolto dentro il più morbido e caloroso degli abbracci, consapevole del fatto che non solo è possibile calcolare il peso del fumo, ma anche usare una fotografia per misurare il tempo che passa.

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