Cannes 2017: arriva Netflix ed è subito disastro

Qualcuno dice (o diceva) che a parlar male si fa peccato però si indovina. E così, dopo le polemiche dei giorni scorsi sulla presenza in Concorso di due film prodotti da Netflix, oggi è stata la volta del primo dei due, Okja del regista sudcoreano Bong Joon-ho, autore non particolarmente amato da chi scrive ma che non è sicuramente il primo venuto. Ebbene, i fischi iniziano subito quando sugli schermi compare il logo dal colosso televisivo (che comunque viene anche applaudito). Poi, però, per un errore (?) dei proiezionisti si vede subito che i personaggi sono senza testa. La cosa dura una decina di minuti, la proiezione viene interrotta ma poi si ricomincia ed è difficile non pensare al boicottaggio. Il film, che al di là delle polemiche avrebbe forse trovato una collocazione migliore nel “Fuori Concorso” è una favola ecologica e animalista con al centro un maiale, figlio di un’operazione scientifico-genetica e che ora rischia di finire al macello, strenuamente difeso da una ragazzina.

Al di là delle legittime idee di ciascuno sulle nuove frontiere della fruizione audiovisiva e dello scontro tra purisiti/tradizionalisti da un lato e coloro che non vedono alcun problema nella partecipazione di Netflix al concorso cinematografico più importante del mondo dall’altro, è senz’altro una caduta di stile (a dir poco) risolvere questioni così complesse con urla scomposte, fischi o applausi. D’altra parte il caso di Okja e quello di The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach, previsto per domenica 21, non costituiscono dei casi isolati. Infatti, solo stando dentro il recinto dei Festival, se ne possono citare almeno altri due. Il primo si verificò proprio qui a Cannes nel 2014 quando Abel Ferrara presentò, sebbene non in Concorso, il suo Welcome to New York, con Gérard Depardieu nel ruolo di Strauss-Kahn (il film fu poi distribuito solo  in streaming on-demand senza vedere mai la sala). Il secondo caso si verificò invece con Beasts of no nation di Cary Fukunaga, questa volta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2015 e poi visibile, almeno in Europa, solo (e proprio) su Netflix.

Tornando alle visioni cannensi, si può dire che sino ad ora il Festival è sotto il segno dei bambini e dei ragazzi questa edizione: oltre al film di Bong, infatti, si è già detto di Loveless di Zvyagintsev, della coppia di ragazzini di Wondestruck di Todd Haynes, cui va aggiunto il ragazzo immigrato che, colpito a morte da un poliziotto mentre sta per varcare la frontiera, scopre di poter volare nell’altro film passato oggi in Concorso, Jupiter’s Moon dell’ungherese Kornél Mundruczó.

Giornata grassa per il cinema francese alla “Quinzaine des Réalisateurs” con la coppia di veterani formata da Claire Denis e Philippe Garrel. La prima ha presentato l’originale Un beau soleil intérieur, adattamento di Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes, interpretato da Juliette Binoche nei panni di una donna, semplicemente in cerca dell’amore. Per quanto riguarda invece Garrel, il suo L’amant d’un jour racconta la storia di un padre ed una figlia che si rincontrano dopo che la ragazza, ventitreenne, ha deciso di tornare a casa in seguito ad una delusione d’amore.

Sempre per la “Quinzaine”, oggi è stata la volta del secondo film italiano qui a Cannes, A Ciambra, l’opera seconda di Jonas Carpignano, regista nato a New York da padre italiano e madre afroamericana, e che nel 2015 aveva portato alla “Semaine de la Critique” il suo film d’esordio, Mediterranea. Ambientato in Calabria, a Gioia Tauro, A Ciambra, che è stato molto applaudito, ruota attorno ad una comunità rom ed agli inevitabili conflitti che nascono tra i membri della comunità, una rappresentanza di immigrati africani e la presenza della ‘ndrangheta.

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