Last Cop, lo sbirro venuto dal passato

Molte serie devono la propria fortuna a un’idea-dispositivo che scavalca i personaggi seppellendoli sotto l’intreccio, altre invece basano il proprio successo su di un protagonista assoluto, molto ben caratterizzato, che attraverso manie e colpi di genio costituisce un piccolo universo da scoprire. Nell’ambito poliziesco pensiamo a nevrotici di talento come Detective Monk oppure lo stropicciato Tenente Colombo, che reggono la scena già da soli rubando l’attenzione del pubblico all’intreccio giallo.

Sullo stesso principio agisce anche la simpatia fracassona di Mick Brisgau, che nella produzione tedesca The Last Cop prende distanza dalla flemma soporifera di colleghi alla Köster, o Derrick, e dalle loro storie di cappa e pantofola.

Nel serial del 2010 la trovata di partenza comunque c’è e per i primi cicli fa da motore alla vicenda, prima che il suo interprete acquisti una dimensione sempre più autonoma. Si tratta dello straniamento temporale, uno spunto caro alla sf tipo Buck Rogers ancorato in questo caso su di un piano del tutto realistico.

In seguito a un agguato di cui è caduto vittima nel 1988, Il commissario Brisgau (Henning Baum) rimane in coma vent’anni tornando al lavoro in un mondo assai cambiato, sia nei metodi che nella tecnologia e la cultura. Nel riprendere servizio al commissariato di Essen, Brisgau stenta a comprendere i nuovi strumenti diventati ormai parte del nostro quotidiano, inoltre si trova tagliato fuori dalla propria vecchia vita in cui famiglia, amici e consuetudini non sono più quelle che conosceva.

Con questo presupposto spendibile in cupi sviluppi esistenziali, ci si trova invece sorpresi da una chiave brillante fusa al contesto giallo, arricchendolo di siparietti e sottotrame rosa che non sottraggono mordente a brivido e azione.

La riuscita del difficile cocktail fonda tutta sulla fisicità taurina e sulla grazia altrettanto irruenta con cui Mick affronta i suoi casi e la propria vita. Brisgau è un vichingo anticonformista in jeans e stivaloni, spiccio fino alla rozzezza, imprevedibile e ingestibile, che viene seguito a fatica nelle indagini dal proprio amico/braccio destro Andreas Krigge, eccellente spalla comica tratteggiata da Maximillian Grill.

I due amici vivono una coabitazione conflittuale, non dissimile da quella de “La strana coppia” di Neal Simon, fatalmente destinata a trasformarsi in solida amicizia. Eppure non potrebbero esserci caratteri più diversi, l’uno timido e rispettoso, l’altro trasgressivo e sfacciato, al punto da rubare in casa di un indagato un raro LP della propria gioventù, gabellandolo per prova.

La nostalgia degli anni ’80, infatti, è un motivo portante del racconto, sottolineato da una colonna sonora partecipe, emotiva, in cui indimenticabili hit di Peter Gabriel, Clapton, Talk Talk o dei Simple Minds siglano i momenti più intimisti del disadattato Brisgau.

Il mondo è mutato, ma Mick è un treno in corsa, un lupo affamato di vita dalla travolgente comunicativa, sempre allergico alle convenzioni. Un po’ Falstaff, un po’ guascone, questo sbirro fuori epoca fa i conti con una ex-moglie che ama ancora, ma che ha una relazione con il collega della scientifica Meissner (Robert Lohr), un rapporto che ostacolerà al punto da mandare a monte il matrimonio tra i due. Non gli risulta facile neanche il confronto con la figlia Isabelle, troppo adulta per seguire le direttive del quasi sconosciuto papà, geloso del suo fidanzamento col collega Andreas.

Le presenze femminili sono varie, significative, e contrastano bene la filosofia un po’ machista e retro del protettivo Mick, auto-elettosi pastore del suo gregge di “pecorelle”. Oltre alla ex Lisa (Floriane Daniel), si aggiunge la caustica presenza di Tanja Haffner, interpretata dall’attrice di origini persiane Proschat Madani, una psicologa incaricata di reinserire Mick attraverso delle sedute terapeutiche divenute ben presto un gioco di seduzione. Altra figura di rilievo è Uschi Nowatzky (Tatjana Clasig) la proprietaria del pub in cui vive Brisgau, una donna saggia e disincantata che funge da coscienza di Mick, somministrando buoni consigli e superalcoolici a lui e gli altri amici/clienti.

A completare il cast delle figure fisse è il capo della sezione omicidi Martin Ferchert, che col volto clownesco di Helmfried von Lüttichau coordina l’attività d’indagine con l’autorevolezza di un Pippo disneyano, infine la sporadica presenza di Gabi (Sonja Kirchberger), giovane e bella madre di Andreas, porta ulteriore scompiglio nel commissariato flirtando con Mick e col patologo Meissner.

Il microcosmo dei poliziotti di Essen si muove e agisce come una creatura viva moltiplicando interazioni degne di una sit-com, ma non trascurando tematiche serie come il dramma dei senza tetto o le ingiustizie sociali, commentate da Mick in un’ottica tutt’altro che benpensante e reazionaria. La particolare alchimia esistente tra gli attori favorisce la naturalezza dei personaggi, apparentemente liberi di muoversi tra le griglie della sceneggiatura senza apparire artefatti o caricaturali. Merito di un casting azzeccato e di interpreti come Baum o Grill capaci di regalare buone dosi di autoironia ai propri alter ego polizieschi.

In cinque stagioni, l’avventura di Mick Brisgau giunge al suo termine di corsa nel 2014 ma l’incisività della serie da’ vita a un remake francese che si sviluppa sull’emittente TF1 per tre stagioni a partire dal 2013.

Con l’Ispettore Falco l’umorismo di The Last Cop viene messo in ombra da una cifra più drammatica, tesa a evidenziare i disagi e i dubbi del protagonista. Stranamente, questa volta i seriosi teutonici hanno dimostrato di saper scherzare, dando i punti persino alla commedia d’oltralpe.

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