‘Binariomorto’: la formula tra il sognato, il desiderato e il perduto

“Io non voglio più essere ammirato. Voglio essere amato.”
da Binariomorto

 

 

Uno lo ha sognato, un altro l’ha desiderato, l’ultimo l’ha perduto. Che sia l’amore o qualcosa del genere?

Il 16 dicembre al Teatro Nuovo di Napoli è andato in scena lo spettacolo teatrale Binariomorto, dalla drammaturgia di Lello Guida, per la regia di Elena Scardino e Franco Alfano e le musiche originali di Gabriele Guida.

Dentro un vagone di un treno che non partirà mai si ritrovano quattro figure generate dall’angoscia e dalla follia. Un ipocondriaco ossessionato dalle consultazioni mediche online (Roberto Lombardi), un insegnante omossessuale perseguitato dai pregiudizi sulla sua condizione (Ciro Girardi), una donna che si crede una madonna (Temi Capuano) e un finto controllore reduce da una terribile esperienza (Antonio Grimaldi) che in un finale noir si legherà alle inquietudini di uno dei protagonisti. Se Binariomorto fosse una figura geometrica, probabilmente sarebbe un punto in cui convergono i segmenti invisibili di un’umanità condannata a un oscuro vagabondaggio senza sapere se sia ancora viva o già morta.

La regia di Elena Scardino e Franco Alfano dispone l’alternanza dei quattro personaggi relazionandoli in fronteggi indiretti caratterizzati da una contemplazione rivolta alla platea e mai tra loro stessi. Ne deriva una bidimensione dove ognuno è oracolo e al contempo postulante in costante ricerca di conforto e approvazione. Il vagone è lo scenario in cui la statica del luogo muove le vicende dei protagonisti in un andirivieni nel tempo composto da sfoghi e confessioni.

Le rivelazioni avvengono per “scongelamento”. Un antartide alla deriva fa da sfondo alla sosta perpetua di un treno in cui ogni apparizione è un iceberg che nasconde la sua montagna infernale. In una sinestetica shoegazing il gioco di luci regge una doppia narrazione in cui presente e passato si passano il testimone di un’attesa sempre più insostenibile. Il desiderato e il perdurato confliggono fino a un accordo che è soltanto l’epilogo a cui l’uomo s’arrende suo malgrado. E la regolazione di una “trinità” derelitta avviene per mano di una figura femminile che si crede “madre di tutte le madri”, in una manipolazione scandita da un pensiero bizzoco e una mano che destreggia il veleno e l’antidoto.

Due terzi della trinità maschile di Binariomorto regoleranno i conti dell’avvenimento originario che per una parte ha significato una sottrazione, mentre per l’altra ha sommato un peso ulteriore alle sue codardie indotte da un corrotto e ipocrita condizionamento civile. L’uno all’insaputa dell’altra, nel più abile e imprevedibile dei trionfi di un caos dotato di leve e intelletto.

Tuttavia, la destinazione non è la ripresa della corsa del treno, ma il limite definitivo dove oltre c’è solo il mistero schiarito dall’alba di un nuovo giorno. I personaggi hanno già vissuto. La tensione alla rivelazione finale avviene a ritroso e ognuno di loro è afflitto dal peso dello scontato. L’indietro nel tempo è solo rimorsi e inquietudini. La loro memoria è infestata da ombre e fantasmi. Chi godrà della rivelazione? La vita è la tensione di quei segmenti che potrebbero essere il binario di ognuno di noi? Nessuno sa con certezza cosa sarà decretato dal buio dell’ultima stazione, poiché l’alba a lungo sospirata potrebbe anche rivelarsi il sudario della nottata.

Binariomorto

scritto da Lello Guida
regia Franco Alfano ed Elena Scardino
con Ciro Girardi, Antonio Grimaldi, Temi Capuano, Roberto Lombardi
disegno locandina Bruno Brindisi
musiche originali di Gabriele Guida
produzione Piccolo Teatro Porta Catena

Immagine di copertina da teatronuovonapoli.it

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