La sanità campana: cronaca di un giorno di ordinario disastro

Si avvisano i lettori che il seguente articolo è sconsigliato alle persone più impressionabili

Che cosa succede in Campania se una donna ultraottantenne ha la sventura di scivolare, sbattendo a terra con il lato destro del corpo? La signora, che chiameremo T., viene prontamente soccorsa dai figli, due dei quali fortunatamente vivono nel medesimo stabile. È una brutta faccenda ma una cosa è consolante: c’è un vecchio signore che, da mesi, parla da solo in televisione, e assicura che nella Regione da lui governata c’è la migliore sanità d’Italia. “Siamo fortunati in questo. Vedrai, mamma, che i soccorsi arriveranno nel giro di qualche secondo” – commenta fiducioso uno dei figli. Viene chiamato il 118, il numero dei soccorsi. Sono le 08,00 del mattino e l’operatrice ha già un diavolo per capello: “Purtroppo sua madre deve attendere – è la brutale risposta –. Stamattina abbiamo soltanto sei ambulanze su quindici, le altre nove sono ferme. Passerà molto tempo”. Nessun accenno di dispiacere nella voce di questa donna, che tratta l’utente come se questi gli avesse chiesto un prestito di migliaia di euro. La domanda “Quanto tempo?” si infrange contro una cornetta già abbassata. La signora T., intanto, giace a terra, sotto il torrido sole estivo. Le temperature della giornata si aggireranno intorno ai quaranta gradi.

La prudenza richiederebbe di attendere i soccorsi ma, visto che si tratta di un’attesa indefinita, tocca arrangiarsi e sollevare T. da terra per metterla a sedere: il rischio, infatti, è che si becchi un’insolazione. T. avverte dolori nella zona femorale e all’anca. I figli richiamano il 118, che sembra già un disco rotto: “Abbiamo solo sei ambulanze su quindici: nove non sono operative”. T. viene fatta accomodare alla meglio, e i dolori aumentano. Le chiamate al 118 si moltiplicano ma la situazione non si sblocca. I figli telefonano alle forze dell’ordine. Un signore spazientito, che poi si rivelerà un fine umorista, risponde dicendo che la cosa non è di sua competenza. Viene chiesto a questo delizioso bipede come si agisce in questi casi, dal punto di vista strettamente legale. Risponde che, se voleva fare l’avvocato, “mo’ stavo al Palazzo di Giustizia” (battutina simpatica, nevvero?). Uno dei figli dice che conserverà questa risposta per quando qualche suo collega si presenterà come rappresentante della legge che, a quanto pare, pochi conoscono.

Di fronte al solito muro di gomma, i figli di T. valutano l’opzione di una radiografia, privata e molto costosa, da effettuare a domicilio. L’ipotesi viene scartata perché il referto non sarebbe immediato e, in ogni caso, la rivelazione di una frattura costringerebbe comunque al trasporto in ospedale. Intanto, arriva il medico di base, che suggerisce di portare T. al CTO (il Centro Traumatologico). Dice che ha lavorato come medico del 118 per quindici anni. “Un lavoro di merda” – sentenzia. Eppure non ha mai visto una cosa del genere (sei ambulanze su quindici). Poco dopo chiama il 118. “Come va?” – chiede l’operatore a uno dei figli. “Male”, è la risposta. “Ma quindi state arrivando?”. “No, ho chiamato così, per sapere. Abbiamo solo sei ambul..”. Il figlio riattacca il telefono prima del completamento della frase ma il lettore può facilmente intuirne il seguito.

Si affaccia un’altra opzione praticabile: chiamare un’ambulanza, privata e costosa, per il trasporto al CTO. I figli si accordano con questa società, che cercherà un ospedale libero. “Vorremmo andare al CTO”. “Chiedo” – dice l’operatore. Dopo qualche minuto, il signore richiama: “Il CTO è sprovvisto di barelle, andiamo al Cardarelli ma, anche là, bisognerà aspettare delle ore”. L’ambulanza (privata) arriva, la signora T. viene portata al Cardarelli, messa su una barella tra decine di altri pazienti, che languono. Sembra di essere in un film ambientato in una città bombardata dai missili. Invece, è Napoli, in tempo di pace, dove lo Stato ha appena potuto fare debiti per centinaia di miliardi.

Nessuno dei parenti può restare con la paziente. Motivi di sicurezza. La decisione è assurda e inspiegabile: sicurezza di che, visto che i reparti Covid sono stati chiusi, per il momento? E poi, la domanda è: spiagge, bar, ristoranti, piazze sono di nuovo pieni. E pure allo stadio si può stare in 25.000. Nella città ci sono assembramenti ovunque. Però, se qualcuno finisce in ospedale, nessuno può stargli vicino, neanche UN SOLO PARENTE (mica una folla, eh). T. è una donna anziana, emotivamente fragile, e con problemi di incontinenza. Inoltre, il caldo e il dolore l’hanno messa in stato confusionale. Ma deve stare lì da sola, a spiegare a un medico stanco il suo stato di salute.

T. arriva in ospedale alle 15,00, dopo un’ora ha un malore dovuto al caldo, forse un calo di zuccheri. Viene portata all’interno, poi riportata fuori un’ora dopo. Non è stata ancora presa in carico, cosa che avverrà alle 18,50, quasi quattro ore dopo il suo arrivo in ospedale. Le viene fatta una radiografia al femore e all’anca, che non evidenzia fratture. La signora continua a lamentarsi per il dolore. Viene poi depositata su un letto, il cui materasso è attaccato con dello scotch adesivo, che le si attacca alla camicia da notte. Due infermieri la liberano dandosi per qualche istante allo sport della bestemmia. T. deve attendere il responso del medico. Passano ancora un paio di lunghissime ore. Il medico arriva, dice che bisogna fare anche una TAC. Però non gliela fa subito. Per ora ha dato solo l’annuncio. Sono passate le 23,00 quando finalmente la TAC viene effettuata. Dopo qualche ora, arriva la risposta: poiché non si evidenziano fratture, la signora può tornare a casa. I figli si riattaccano al telefono: T. non è trasportabile in auto, tocca quindi richiamare l’ambulanza privata. Si telefona alla stessa società. Il mezzo arriva quasi subito: quando paghi, le cose sfilano una meraviglia, come meccanismi perfettamente oliati. La tariffa, già esosa, è aumentata: “C’è la maggiorazione notturna” (giusto: non fanno così anche i taxi?). Sono le due di notte quando la signora T. è di nuovo nel suo letto, che ha lasciato alle 14,00 circa per andare in ospedale a fare una radiografia.

Uno dei figli, sollevato almeno dal fatto che non ci siano fratture, chiama il 118. Così, per fare una prova. Il disco umano riprende a parlare: “Stamattina abbiamo soltanto sei ambulanze su quindici, le altre nove sono ferme. Però, non si preoccupi: tra poco arriviamo”.

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