Lo sguardo di Ōtsuka

di Giuseppe Campana

A guardarla oggi quella foto giovanile di Yasuo Ōtsuka con l’inseparabile coppoletta sulle ventitré ci colpisce per lo sguardo sicuro e un po’ spavaldo di chi sa che sta al posto giusto e, soprattutto, nel momento giusto. È lo sguardo di una nazione intera che, dopo i giochi olimpici di Tokyo del 1964, è proiettata in un futuro denso di ottimi presagi. E pensare che Ōtsuka, nato nella piccola Tsuwano nel 1931, inizia come impiegatuccio nella prefettura di Yamaguchi nel dipartimento degli affari generali. Nel 1952 supera il concorso per il ministero della salute e del welfare e si trasferisce a Tokyo. A questo punto non sappiamo cosa gli succede ma sta di fatto che ce lo ritroviamo nel 1956 come tirocinante negli studi della Nippon Video Co. Ltd, che nello stesso anno sarà assorbita dalla nascente Toei Animation.

Da quello che possiamo dedurre dalle poche interviste rilasciate da Ōtsuka, comprendiamo come, in quegli anni pieni di opportunità, la meglio gioventù nipponica cerchi di migliorare continuamente la propria condizione sia economica che sociale e il giovane Yasuo non sfugga a questa logica. Il campo dell’animazione è in crescita esponenziale, attrae ingenti capitali, le produzioni diventano sempre più complesse, il pubblico le gradisce quasi quanto i film con attori in carne ed ossa, e per un giovane ambizioso è un’opportunità da non perdere.

Alla Toei Animation si lavora con il gotha dell’animazione giapponese e non c’è posto migliore per imparare il duro mestiere dell’animatore. È qui che Yasuo Ōtsuka riceve i preziosi insegnamenti di Yasuji Mori. Quest’ultimo forma un’intera generazione di fenomeni che daranno vita, alla fine degli anni ‘60, al primo studio di animazione indipendente giapponese, quella A-Productions che darà alla luce la prima serie animata dedicata a Lupin 3 (ルパン三世 Rupan Sansei, la versione con la giacca verde), il personaggio creato nel 1967 dalla penna di Monkey Punch. Ma quali sono le principali fonti di ispirazione dei giovani animatori giapponesi? Da dove prendono spunto? Innanzitutto dalla tradizione del teatro delle marionette meccaniche Bunraku e poi dal lavoro seminale di Kenzo Masaoka, autentico pioniere che nel 1932 realizza il primo lungometraggio animato col sonoro in sincrono Chikara to onna no sekai (Il mondo del potere e delle donne).

Ma un’altra fonte di ispirazione non trascurabile, che traccia una linea di demarcazione netta tra l’animazione statunitense dominata dai grandi studios e il resto del mondo, è lo splendido lungometraggio animato di Lev Atamanov del 1957, quel Snezhnaya Koroleva (La Regina delle Nevi) che tanto influenzerà sia Yasuji Mori che tutti i suoi allievi. Dal 1958 in poi Yasuo Ōtsuka è in pratica in tutte le produzioni più importanti della Toei, dalla Leggenda del serpente bianco del 1958 fino al Gatto con gli stivali (che diventerà la mascotte della Toei) del 1969. Tuttavia, è nel 1968 che Yasuo Ōtsuka fa compiere un passo decisivo all’animazione giapponese dirigendo sia le animazioni che la progettazione dei personaggi di Taiyō no ōji – Horusu no daibouken – La Grande avventura di Horus, il principe del sole (La grande avventura del piccolo principe Valiant).

In questo lungometraggio ritroviamo per la prima volta tutte le tematiche sia visive che di contenuti che caratterizzeranno l’animazione giapponese nei decenni successivi. Lo stile fluido, le inquadrature dal taglio cinematografico, una maturità mai vista prima nei film animati decretano la svolta. Nulla sarà più come prima nel mondo dell’animazione giapponese e non solo. Da quel momento in poi, Otsuka entrerà in conflitto con la Toei e insieme ai suoi più stretti collaboratori, Isao Takahata e Hayao Miyazaki compreranno i diritti per realizzare la versione animata di un personaggio non ancora molto conosciuto, quel Lupin III al quale per primo darà movimenti e vita. Quanti sono gli animatori oggi in attività che devono qualcosa a Yasuo Ōtsuka? Probabilmente tutti. Arigatou Gozaiamasu Otsuka Sensei. Grazie di tutto, Maestro Ōtsuka.

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