Visioni dal futuro e retaggi di antico misticismo: La poetica di Gouthama Siddarthan

I am a full-time writer. Writing is my breathing. Modern literary writing is my forte. I am afire with a desire or dream of bringing international writings into the Tamil literary milieu and there by putting Tamil on a par with global languages. It was with that goal in mind that  I’ve been getting several international literary works translated  (of course, by qualified translators)  and publishing them on behalf of my ‘Unnatham Publications“.

(Gouthama Siddarthan, 2018 )

In questo primo scorcio di terzo millennio la narrativa fantascientifica  ha trovato tra le sue nuove e più interessanti voci emergenti numerosi autori provenienti dall’Estremo Oriente. Anche in una realtà editoriale in cui è difficile tradurre e pubblicare autori di altre latitudini come la nostra, fossero anche le nuove proposte di genere del mercato di lingua inglese, i lettori italiani hanno avuto negli ultimi anni la possibilità di leggere e apprezzare nomi quali Ken Liu, Ted Chang, Liu Cixin e Chen Qiufan. Tuttavia, la montante onda asiatica della narrativa fantascientifica si muove anche dalla vicina India. Una realtà che si accosta alla narrativa di genere partendo dall’eredità di uno sconfinato patrimonio culturale, variegato, antico e inestimabile, fatto di dottrine filosofiche, mitologia e folklore. Esso si combina con le istanze di una realtà sociale che ha attraversato negli ultimi decenni fasi di esplosivo sviluppo economico e mutamenti sociali anche traumaticamente rapidi. A tutto questo si aggiunge con il rilievo acquisito recentemente da questo Paese nel campo dei moderni media narrativi, soprattutto grazie alla sua prolifica e variegata industria cinematografica. L’insieme di tutti questi fattori danno all’India le potenzialità per porsi come nuovo epicentro culturale in grado di influenzare l’immaginario collettivo legato alla narrativa d’anticipazione, anche al di fuori dell’emisfero orientale.

Un esponente originale e notevolmente poliedrico alla ribalta di questa realtà culturale è il narratore, poeta e saggista Gouthama Siddarthan, nato nel 1968 nello stato del Tamil Nadu, a Chennai (una megalopoli di oltre quattro milioni di abitanti, polo dell’industria automobilistica indiana, e allocata nel sito dell’antichissima città di Mylapore). Gouthama inizia a sviluppare interesse per la narrativa precocemente, all’età di 13 anni, inizialmente per i comics pubblicati sui quotidiani locali, che lo stimolano per la prima volta a inventare le sue storie. La sua formazione culturale si basa in larga parte sulla lettura di autori che spaziano dalla fantascienza al realismo magico. Fervido ammiratore di autori come Isaac Asimov, Ray Bradbury, Alfred Bester e altri tra i più rappresentativi della cosiddetta “epoca d’oro” della fantascienza americana, ma anche di scrittori rappresentativi della corrente narrativa del “realismo magico”, soprattutto dell’Argentina e in generale dell’America Latina, come Borges, Cortázar, Marquéz, Fuentés, a una analisi più ravvicinata egli si rivela profondo conoscitore ad ampio raggio delle tendenze passate e presenti della letteratura mondiale. Dalla già citata fantascienza degli autori emergenti nella vicina Cina ai miti dell’Antica Grecia, dagli autori italiani del Novecento come Calvino e Pavese alla letteratura del continente africano, Gouthama ha assorbito nel corso della sua formazione culturale una serie di suggestioni narrative e filosofiche quanto più possibile disparate. Nel suo animo questo bagaglio di letture si fonde in modo indissolubile con l’eredità favolistica e mitologica legata alle sue origini, partendo dal patrimonio narrativo di suo padre, cantastorie di “Purana”, racconti a scopo educativo-religioso tipici della sua regione natia. Muovendosi nel solco di alcuni, esigui precursori (primo fra tutti Sujatha Rangarajan), Gouthama persegue un duplice difficile obiettivo, da un lato far riconoscere alla fantascienza il rango di narrativa contenutisticamente valevole in un contesto, quello della cultura Tamil, che spesso tende a considerarla letteratura di mera evasione, dall’altro, attraverso l’incontro tra la cultura Tamil e le forme narrative di più recente emersione, far diffondere e conoscere l’immenso e variegato patrimonio culturale e l’eredità di quella lingua e letteratura. Egli persegue tali scopi non solo attraverso una prolifica attività di scrittura, ma anche come editore in proprio e in particolare attraverso la pubblicazione della rivista letteraria “Unnatham”, grazie alla quale non solo ha dato possibilità di pubblicazione a numerosi autori autoctoni nel suo paese, ma anche di tradurre in lingua Tamil e far conoscere ai suoi connazionali le opere di autori fondamentali nell’immaginario moderno, da Asimov a Borges, al nostro Calvino.

Al momento l’unica opera di Siddarthan tradotta nella nostra lingua è il saggio breve Political travails of Time travel, ovvero “I travagli politici del viaggio nel tempo”, recentemente giunto da noi in doppia versione, cartacea e digitale, grazie alla traduzione operata dall’autore e traduttore astigiano Davide Mana, il quale ha lavorato sulla versione inglese del testo (realizzata dal poeta e traduttore Maharati, conterraneo di Siddarthan). Il titolo del libro, che suona ironico, dà già un’idea del suo tono generale, che si muove tra l’erudito e l’ironico, con uno stile leggero a metà tra il narrativo e il colloquiale, alieno da pedanti verbosità. Dopo uno scherzoso incipit in cui immagina di essere stato invitato a una cena, assieme ad altri viaggiatori del tempo, dal recentemente scomparso Steve Hawking, Siddarthan ci immerge nei suggestivi e antichissimi miti della tradizione Tamil, e nello specifico ci descrive quelli che hanno per protagonisti personaggi in grado di viaggiare nel tempo, che siano degli eroi ancestrali o sapienti e filosofi del passato. Scopriamo così per esempio alberi altissimi che fungono da collegamento tra vari piani spazio-temporali, e altri che possono inglobare gli umani come un utero materno per restituirli a un altro tempo trasfigurati in una atomistica modificazione. Muovendosi tra le reminiscenze di antiche guerre di predominazione etnica nell’India ancestrale e parabole filosofiche che oscillano tra il pensiero di Eraclito e intuizioni einsteiniane (la bellissima fiaba di Krishna e Naradha al fiume), Siddarthan ci immerge nelle suggestioni di una cultura, quella Tamil, che nel suo millenario retaggio favolistico e speculativo ha saputo dare interessanti anticipazioni e spunti alla concettualizzazione filosofica dello spazio-tempo. Dopo questo excursus, l’autore focalizza la sua analisi su due tra i più celebri racconti brevi dedicati alla tematica del viaggio nel tempo e i relativi paradossi: A Sound of Thunder di Ray Bradbury (notissimo anche in Italia con il titolo Rumore di tuono, anche perché è il racconto che ha dato origine all’espressione “Effetto Farfalla”) e The Men who murdered Mohammed di Alfred Bester, forse meno noto, sebbene anch’esso tradotto e frequentemente antologizzato anche nel nostro paese. Due racconti apparentemente antitetici: il primo narra delle catastrofiche e del tutto impreviste modificazioni che un evento apparentemente insignificante, come l’uccisione accidentale di una farfalla da parte di un viaggiatore temporale nel passato preistorico, produce nel tempo presente, in base al principio matematico/fisico della “dipendenza sensibile alle condizioni iniziali”. Il secondo, invece, dal tono molto più improntato al satirico, esprime la frustrazione di un viaggiatore temporale che cerca invano di mutare la trama del continuum per scopi personali, e che arriva, in una delirante escalation a causa dei suoi vani sforzi, a cercare di modificare il presente uccidendo svariati personaggi fondamentali per la storia umana, da George Washington a Napoleone, a Cristoforo Colombo, fino ad arrivare, appunto, al profeta Maometto; il tutto invano, senza che ciò produca alcun mutamento nel presente. Con ironia ed erudizione, creando ulteriori collegamenti letterari, da Murakami a Isaac B. Singer, Siddarthan ci guida nei sotto-testi delle opere di Bradbury e Bester, consentendoci non solo di apprezzare il valore letterario e concettuale dei due racconti, ma anche di ampliare la nostra visione del continuum temporale. Per poi riportarci sulla scena del suo immaginario invito a cena da Steve Hawking e chiudere con un finale arguto e paradossale che ne rivela, anche nella dimensione di questo saggio scritto in stile leggero e colloquiale, la  sua natura di narratore di razza.

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