“A Gentle Creature”: Sergei Loznitsa fra Dostoievskij e Kafka

È un essere privo di importanza collettiva:
è soltanto un individuo
Louis-Ferdinand Céline, L’Eglise

Grande cinema ieri a Cannes (frase che purtroppo si è potuta scrivere piuttosto di rado sinora) con la proiezione stampa di Krotkaya (A Gentle Creature) dell’ucraino Sergej Loznitsa, regista attivo soprattutto nel campo del documentario e che ha portato qui alla Croisette il suo terzo lungometraggio di finzione.

Ambientato in una Russia che sembra fuori dal tempo ed è sicuramente fuori dal mondo, territorio inospitale dove uomini e donne vivono e ragionano come se ci fosse ancora la cortina di ferro, è la storia di una donna che riceve indietro un pacco che aveva spedito al marito che si trova in carcere per omicidio, e che decide di partire alla ricerca di notizie su di lui. Il viaggio di questa donna significativamente senza nome si trasforma in una vera e propria odissea nell’incontro con un’umanità selvaggia e violenta, una polizia corrotta e imbelle, una burocrazia spietata e indifferente. La protagonista ingaggia con insistenza e pervicacia la lotta contro il Moloch rappresentato dal sistema sovietico, ma non è capace di opporre alla violenza subita nient’altro che il suo sguardo rassegnato, impossibilitata così a fronteggiare un nemico dalla forza tentacolare, che alla mitezza della donna oppone tutta la forza della sua ottusità e della sua ignavia.

Per questa ragione, due sono i riferimenti principali di A Gentle Creature: il Dostoevskij de La mite e di Umiliati e offesi, ed il Kafka de Il Castello, parabola sul rapporto (o, meglio, sull’impossibilità di un rapporto) tra l’individuo ed il Potere, il primo schiacciato e immiserito dall’inafferrabilità del secondo. Il film di Loznitsa, che vanta una straordinaria messinscena, una serie di prove attoriali come sempre impeccabili e una fotografia di grande bellezza, aggiunge un nuovo tassello alla critica contro la Russia odierna, raccontata come una terra desolata dal cui orizzonte sembra sparito ogni brandello di solidarietà umana, ogni residuo di quella grande partecipazione collettiva, che pure aveva portato alla grande Rivoluzione del 1917. Altre opere, come Leviathan di Andrej Zvyagintsev e Under the Electric Clouds di Aleksej German Jr., per citare solo le più recenti, hanno avuto il coraggio di mettere le mani dentro una ferita aperta e descritta come insanabile, raccontando tutte le contraddizioni di un Paese che sembra avere ormai definitivamente smarrito se stesso. Se però il film di Zvyagintsev muoveva accuse soprattutto nei confronti del potere politico, il discorso di Loznitsa sembra includere nella condanna anche il popolo, osservato con sguardo freddo dal regista e (pur con delle eccezioni) messo sul banco degli imputati per la sua ferinità ma soprattutto per la sua inerzia, per la sua incapacità a ribellarsi a questo nuovo invisibile zar, portatore di indifferenza, di una totale mancanza di empatia, così come di mettere in atto qualsiasi azione di mutuo soccorso.

Quindi, ad avviso di chi scrive, sebbene stranamente ed immeritatamente accolto da fischi e disapprovazione, A Gentle Creature è, sino a questo momento, uno dei più seri candidati alla Palma d’Oro in un Concorso che, come si è già avuto abbondantemente modo di dire, si appresta a passare alla storia come uno dei meno avvincenti degli ultimi anni.

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