“Bones of Contention” di Andrea Weiss: la Spagna franchista e il recupero della memoria storica

Mio Dio, sono venuto con i semi delle domande.

Li ho piantati, ma le risposte non sono mai fiorite

Federico Garcia Lorca

Mentre il Concorso trova il suo suggello e una bellissima conclusione con lo splendido e struggente Ana, Mon Amour del rumeno Călin Peter Netzer, ieri ci siamo imbattuti in Bones of Contention, un bellissimo documentario diretto dalla regista americana Andrea Weiss che resterà uno di quei titoli da portare a casa e da custodire nel cuore. Ad ogni Festival infatti, anche il più avaro di sorprese (e, comunque, sia chiaro, non è certamente il caso di questa Berlinale), non si torna mai a mani vuote ma, al contrario, con almeno sei o sette titoli memorabili che ripagano delle inevitabili delusioni nelle quali ci si imbatte nel passaggio da una sala all’altra, da un documentario ad un film di fiction, da un film d’animazione a un’opera mainstream, dal film sperimentale a quello più vicino ai canoni classici della narrazione.

Bones of Contention, presentato nella bella sezione “Panorama Dokumente”, parla di moltissime cose: delle violenze subite dalle persone omosessuali (uomini e donne) in Spagna durante il Franchismo, del poeta Federico Garcia Lorca che di questa discriminazione fu la vittima più illustre, di giustizia e di pietà, dell’importanza della memoria e di una vergogna nazionale che neanche i successivi governi democratici sono riusciti a cancellare. Infatti, come racconta benissimo il film, i gay e le lesbiche incarcerate dal fascismo per il “crimine” di omosessualità restarono in carcere anche dopo il 1975, anno della fine della dittatura, e l’amnistia che seguì la morte di Francisco Franco lasciò loro in carcere assolvendone i carnefici. Attraverso le testimonianze delle vittime e le interviste ad alcuni studiosi e storici, Bones of Contention mostra come nei luoghi dove vennero fucilate duemila persone, tra cui il grande poeta andaluso, fucilato la notte del 19 agosto del 1936, vennero piantai degli alberi di pino che, a tutt’oggi, nascondono le tombe e i resti delle persone che giacciono lì senza nome e, come ricorda una lapide in memoria, “sono tutti Garcia Lorca”.

Oggi le famiglie di questi desaparecidos stanno combattendo una battaglia per recuperare le ossa dei loro cari nonostante l’opposizione del Governo (da qui il titolo del documentario). Invisibili all’occhio ma non alle menti e ai cuori dei congiunti, queste fosse comuni diventano potente metafora della memoria storica del Paese, sepolta e coperta, soppressa e dimenticata, un’ignominia resa ancora più grave dal fatto che la Spagna è l’unico Paese occidentale dove sorge un monumento dedicato ad un dittatore, il mausoleo che contiene i resti di Franco, mèta di pellegrinaggio di fascisti di tutto il mondo. Il viaggio nel tempo, con il racconto della Guerra Civile del 1936-39, si lega all’oggi attraverso il racconto di alcuni sopravvissuti, esponenti della comunità LGBT spagnola, ed è scandito da alcune citazioni tratte dalle poesie del grande poeta spagnolo, alcune delle quali dedicate alla “viziosa morte” nella speranza che essa possa “lasciare almeno qualche ramo verde d’amore”.

Il documentario di Andrea Weiss riesce a condensare in soli 75 minuti una miriade di temi e di questioni in un’opera dove filmati di repertorio, interviste, testimonianze, didascalie, citazioni si alternano aggiungendo, ad ogni sequenza, un tassello di informazione, riuscendo ad evitando sia le trappole della retorica che quelle della ridondanza. “Vengo da un Paese – ha dichiarato la regista – sempre orientato verso il futuro dove si evita sempre di investigare il nostro ruolo nella schiavitù, nella guerra del Vietnam e in molte altre atrocità. Sono invece rimasta piacevolemnte sorpresa dall’ostinazione di queste persone verso la ricerca della verità e il disseppellimento della memoria storica nonostante tutti i problemi economici che la Spagna ha dovuto affrontare. Sono onorata del fatto che queste persone si siano fidate di me e mi abbiano voluto raccontare le loro storie”.

Grazie all’impegno di queste persone, come ricorda ancora il poeta, “In Spagna, i morti sono più vivi dei morti di qualsiasi altra nazione del mondo”.

 Salvatore Marfella

©RIPRODUZIONE RISERVATA – Ne è consentita esclusivamente una riproduzione parziale con citazione della fonte, Milena Edizioni o www.rivistamilena.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!